In allegato, tratto da unicacgil.blogspot.it la Sentenza Consiglio di Stato Consorzio Taxi Area Pisana N. 04100/2013 N. 00166/2014 REG. PROV. COLL. N. 03687/2013 REG. RIC. N. 04100/2013 REG. RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 3687 del 2013, proposto dalla Cooperativa Tassisti Pisani, rappresentata e difesa dagli avv. Leopoldo Facciotti e Gianna Fiaschi, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via G. Gioacchino Belli 36;
contro
Consorzio Taxi Area Pisana, rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore
Dettori, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, piazza SS.
Apostoli 66;
nei confronti di
Comune di Pisa, rappresentato e difeso dagli avv. Susanna Caponi,
Gloria Lazzeri e Giuseppina Gigliotti, con domicilio eletto presso
Benito Panariti in Roma, via Celimontana 38;
Leonardo Di Prete, Maurizio Di Prete, Toni Zurrida, Radu Traian Hota,
Sebastiano Mordà, Roberto Gentilini, Ranieri Piaggesi e Andrea Meini,
rappresentati e difesi dall’avv. Salvatore Dettori, con domicilio eletto
presso il medesimo in Roma, piazza SS. Apostoli 66; Gianfranco
Bonaldi, David Grasci Puccini, Radomir Zoran;
sul ricorso numero di registro generale 4100 del 2013, proposto dal
Comune di Pisa, rappresentato e difeso dagli avv. Susanna Caponi,
Gloria Lazzeri, Giuseppina Gigliotti, con domicilio eletto presso Benito
Panariti in Roma, via Celimontana 38;
contro
Consorzio Taxi Area Pisana, Leonardo Di Prete, Maurizio Di Prete,
Toni Zurridda, Traian Hota Radu, Sebastiano Morda’, Roberto
Gentilini, Ranieri Piaggesi, Andrea Meini, rappresentati e difesi dall’avv.
Salvatore Dettori, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma,
piazza SS. Apostoli 66; Gianfranco Bonaldi, David Grasci Puccini;
nei confronti di
Cooperativa Taxi Pisani, Zoran Radomir;
per la riforma
entrambi i ricorsi
della sentenza del T.A.R. Toscana, Sezione II, n. 98/2013, resa tra le
parti, concernente approvazione turni ed orari del servizio pubblico di
taxi per il mese di novembre 2012.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio Taxi Area Pisana,
del Comune di Pisa nonché degli ulteriori nominati in epigrafe;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2013 il Cons.
Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati avv. Leopoldo Facciotti,
avv. Salvatore Dettori e avv. Benito Panariti su delega degli avv.ti
Giuseppina Gigliotti, Gloria Lazzeri e Susanna Caponi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Consorzio Taxi Area Pisana – Con.T.A.P. (di seguito, il CONTAP) ed
i suoi appartenenti ricorrevano dinanzi al T.A.R. per la Toscana contro
il Comune di Pisa avverso il provvedimento dirigenziale DN-18/978 del
30.10.2012, recante “Approvazione turni ed orari del Servizio Pubblico di taxi
per il mese di novembre 2012”, che aveva appunto stabilito le turnazioni del
servizio taxi comunale per tale mese.
L’atto veniva contestato per il fatto di imporre orari giornalieri massimi
di attività per ogni impresa, così impedendo una libera concorrenza tra
gli operatori alla luce di quanto previsto dal D.L. n. 1/2012. Gli aderenti
al consorzio opponevano di avere tutti assunto un altro autista, sì da
poter aumentare liberamente le ore di attività complessiva, pur nel rispetto
dei turni massimi di guida prescritti per ogni singolo conducente.
dei turni massimi di guida prescritti per ogni singolo conducente.
Il ricorso poggiava, più analiticamente, su motivi che il Giudice di prime
cure avrebbe così sunteggiato.
Il primo dei cinque motivi di ricorso denuncia l’incompetenza relativa del dirigente
che ha emesso il provvedimento impugnato in quanto secondo la L. 21/1992 e la
L.R. 67/1995 è il Consiglio Comunale che deve stabilire in concreto le modalità di
svolgimento del servizio che non siano meramente esecutive dei limiti fissati dal
regolamento.
Il provvedimento in questione, invece, è stato assunto in attuazione di due delibere
della Giunta comunale la cui legittimità viene parimenti contestata perché il
Consiglio Comunale non può delegare alla Giunta le sue competenze.
Il secondo motivo contesta la violazione dell’art.27 del Regolamento Comunale,
dell’art. 36, comma 2, D.L. 1/2012 e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria,
travisamento ed erronea valutazione dei fatti.
L’art. 27 citato si limita a disporre che il servizio di taxi si esplica nell’arco della 24
ore precisando solo che è necessario un riposo di sei ore tra un turno e l’altro e che
dopo il turno notturno è obbligatorio il riposo.
Il provvedimento inserisce, invece, limiti ulteriori che non tengono conto del fatto che
alcuni titolari di licenze si sono muniti di un collaboratore che non presenta più i
limiti previsti dall’art. 10 L. 21/1992, dopo la modifica operata con l’art. 36,
comma 2, D.L. 1/2012.
In virtù di questa modifica il legislatore non avendo fatto la scelta di liberalizzare
completamente il settore ha consentito ai titolari di licenza di poter utilizzare più a
lungo l’autovettura con conseguente aumento della disponibilità per l’utenza.
Il provvedimento impugnato, al contrario, dispone che i titolari di licenze di taxi non
condotte personalmente dovranno prestare servizio osservando la stessa turnazione
dei titolari di licenza singola.
Inoltre il Comune nonostante vi sia un numero di licenze inferiore di tre unità al
numero previsto non ha coperto i turni delle tre licenze mancanti con i mezzi
esistenti nonostante il flusso di traffico generato dall’aeroporto e dalla stazione
ferroviaria e non ha previsto alcuna differenza tra turni feriali e festivi.
Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 3, commi 1 e 2, D.L. 138/2011 che
ha stabilito il principio di libertà delle attività economiche tranne per una serie di
situazioni tassativamente elencate, nessuna delle quali trova applicazione per il
servizio taxi.
Per cui nonostante il principio valga per il servizio di taxi con le limitazioni di cui
ai commi 8 e 11 bis del citato art. 3, tra tali limitazioni non si registrano quelle
relative all’orario.
In sostanza non vi è stata liberalizzazione perché è rimasto il contingentamento delle
licenze, ma i principi di liberalizzazione sono applicabili per aspetti collaterali quali
i turni e l’orario.
Il Comune di Pisa avrebbe dovuto adeguare i propri regolamenti ai nuovi principi
entro il 30.9.2012 ma ciò non è avvenuto e si è così verificata un’indebita
restrizione della concorrenza.
Il quarto motivo evidenzia come in ossequio a direttiva regionale che voleva favorire
l’organizzazione del servizio mediante la diffusione dei radio-taxi, il Consorzio si
sia munito di un efficiente e costoso sistema di radio-taxi che consente di individuare
il taxista libero più vicino al cliente che ha chiamato e di favorire così l’utenza, ma la
limitazione dei turni imposta dal Comune tende ad azzerare i vantaggi di questo
modulo organizzativo.
Il quinto motivo censura la violazione dell’art. 3, comma 5, del Regolamento
218/2009 della Giunta Comunale che prevede la proposta di articolazione dei turni
da parte dell’assemblea dei taxisti; non essendovi stata alcun riferimento a tale
proposta la turnazione di novembre doveva essere identica a quella del precedente
mese di ottobre ai sensi della norma indicata.”
Si costituivano in giudizio in resistenza all’impugnativa del CONTAP il
Comune di Pisa nonché la Cooperativa Tassisti Pisani (di seguito, la
Co.Ta.Pi.), che ne deducevano l’infondatezza ed instavano per il suo
rigetto.
I ricorrenti proponevano altresì motivi aggiunti nei confronti del nuovo
e similare provvedimento dirigenziale comunale n. DN-18/1073 del
30/11/2012, recante “Approvazione turni ed orari del Servizio Pubblico di taxi
per il mese di dicembre 2012”, al quale venivano sostanzialmente estese le
critiche già dedotte avverso l’atto precedente.
Nel contempo interveniva la rinuncia al ricorso da parte dei sigg.ri
Bonaldi Gianfranco e Grasci Puccini David.
Le parti resistenti deducevano l’infondatezza anche dell’atto di motivi
aggiunti, chiedendone il rigetto.
All’esito il Tribunale adìto, con la sentenza n. 98/2013 in epigrafe, emessa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., accoglieva il ricorso.
In estrema sintesi, il Tribunale recepiva l’idea che anche il servizio dei
taxi sarebbe stato liberalizzato, onde il Comune avrebbe dovuto limitarsi
a garantire il servizio minimo, lasciando ai singoli esercenti la possibilità
di incrementare liberamente l’offerta (pur nel rispetto della durata
massima dei turni individuali).
La decisione del T.A.R. formava oggetto di due separati appelli, ad opera
del Comune di Pisa e della Co.Ta.Pi..
Le appellanti, con argomentazioni convergenti, sostenevano che
l’interpretazione seguita dal primo Giudice si sarebbe basata su di una
lettura errata dell’art. 3 del d.l. n. 138 del 2011, ed avrebbe omesso di
considerare i contenuti del successivo d.l. n. 1 del 2012 (convertito con la
legge n. 27/2012), e segnatamente i suoi artt. 1 e 36.
Il Comune di Pisa si costituiva anche nel giudizio promosso dalla
Co.Ta.Pi., aderendo al suo appello.
Resisteva ad entrambi gli appelli l’originaria parte ricorrente, che, ancor
prima di sostenerne l’infondatezza, difendendo la correttezza della
decisione del Giudice locale, ne eccepiva l’improcedibilità per
sopravvenuta carenza di interesse, sul rilievo dell’avvenuto esaurimento
dell’efficacia temporale dei provvedimenti in contestazione.
Limitatamente all’appello della Co.Ta.Pi., l’improcedibilità del gravame
veniva fatta risalire anche all’omessa impugnativa del nuovo
provvedimento comunale del 28 febbraio 2013 che aveva regolato i turni
successivi in ottemperanza alla sentenza in epigrafe; ma veniva anche
eccepita l’inammissibilità dello stesso appello per carenza di interesse e
di legittimazione della Cooperativa proponente.
L’originaria ricorrente riproponeva, tra le proprie doglianze iniziali non
specificamente considerate dal T.A.R., quella dell’incompetenza del
dirigente che aveva assunto la determinazione impugnata, sull’assunto
che la materia sarebbe rientrata nella sfera di competenza dell’organo
consiliare.
Il Comune ed il CONTAP insistevano con successive memorie sulle
loro rispettive argomentazioni e conclusioni.
Alla pubblica udienza del 13 dicembre 2013 i due appelli sono stati
trattenuti in decisione.
1a Osserva in via preliminare la Sezione che occorre disporre la riunione
degli appelli in esame, siccome proposti avverso la stessa sentenza di
primo grado, ai sensi dell’art. 96, comma 1, CPA.
1b Sempre in via preliminare, si deve osservare che l’eccezione di
improcedibilità degli appelli opposta dall’originaria ricorrente è priva di
pregio.
L’eccezione fa leva sull’avvenuto esaurimento dell’efficacia temporale dei
provvedimenti in contestazione, la cui funzione era quella di stabilire le
turnazioni del servizio taxi comunale limitatamente, ciascuno, al periodo
di un mese.
In contrario è però agevole obiettare (in disparte il fatto che il rilievo,
ove mai fondato, investirebbe in primis lo stesso ricorso di prime cure, e
la sentenza che lo ha accolto) che il mero esaurimento dell’efficacia
temporale dei provvedimenti impugnati non fa venir meno l’interesse al
ricorso. Secondo una consolidata giurisprudenza, infatti, “Anche dopo la
scadenza del termine di efficacia di un provvedimento amministrativo temporalmente
definito, sussiste ancora l’interesse del ricorrente ad ottenere una pronuncia del
giudice amministrativo, sia in quanto la portata della pronuncia non si esaurisce
nell’annullamento dell’atto, ma contiene la regola cui l’amministrazione deve
attenersi nel suo futuro operare, sia in quanto il ricorrente vittorioso potrà, ove del
caso, ottenere in altra sede il risarcimento del danno subito, sia in quanto i tempi
della giustizia non possono risolversi in danno del ricorrente, esponendolo ad una
serie di provvedimenti a catena con efficacia limitata.” (C.d.S., IV, 1° giugno
1994, n. 467; nello stesso senso si vedano, tra le tante, IV, 18 aprile 1995,
n. 250; 12 marzo 1992, n. 275; V, 18 maggio 1998, n. 598; V, 23 marzo
1991, n. 344).
Da qui, in particolare, la permanenza dell’interesse al ricorso
quantomeno in funzione della corretta impostazione della turnazione
per i periodi di tempo successivi a quelli avuti di mira dagli specifici atti
oggetto di scrutinio giudiziale, e avuto riguardo anche alla funzione
della pronuncia di merito di evitare il moltiplicarsi di uguali giudizi
ogniqualvolta si riproduca la medesima situazione.
1c Quanto alle eccezioni di inammissibilità e di improcedibilità che
hanno investito il solo appello della Co.Ta.Pi., esse risultano prive di
rilievo pratico e sfornite di interesse per la ragione che la stessa sentenza
ha formato oggetto d’appello anche da parte del Comune di Pisa, e per
gli stessi motivi di gravame.
2 Nel merito tali motivi sono fondati.
2a La controversia verte sulla persistente legittimità di una
regolamentazione a livello comunale del servizio di taxi basata sulla
rigida previsione di turni con limiti minimi e massimi di durata per ogni
titolare di licenza.
Il Tribunale si è orientato per la soluzione negativa alla luce delle
previsioni liberalizzatrici dettate dall’art. 3, commi 1, 2, 8, 9 e 11 bis, del
d.l. n. 138/2011. Previsioni introdotte dal principio di fondo per cui
“l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non
è espressamente vietato dalla legge”, canone definito dal comma 2 dello stesso
articolo quale “principio fondamentale per lo sviluppo economico” che “attua la
piena tutela della concorrenza tra le imprese”, e che si concretizza soprattutto
attraverso l’abrogazione, contestualmente disposta, delle “restrizioni in
materia di accesso ed esercizio delle attività economiche previste dall’ordinamento
vigente”.
Non è sfuggito al T.A.R., naturalmente, il disposto del comma 11-bis
dell’articolo, per cui, “In conformità alla direttiva 2006/123/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, sono invece esclusi
dall’abrogazione delle restrizioni disposta ai sensi del comma 8 i servizi di taxi e
noleggio con conducente non di linea, svolti esclusivamente con veicoli categoria M1,
di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59.”.
Il primo Giudice ne ha però desunto che “le restrizioni che rimangono in vita
per tale tipo di attività sono quelle elencate al comma 9 che costituisce
un’esplicitazione del contenuto del comma precedente.” Sicché, in forza del
permanere di tali (soli) limiti, per i taxi continuano a sussistere: una
predeterminazione delle licenze, che può essere modificata solo con
provvedimento amministrativo; una limitazione della zona ove il
servizio può essere svolto; un’indicazione tassativa della forma giuridica
richiesta all’operatore.
Ma, sempre secondo il T.A.R., tutte le altre restrizioni caratterizzanti
l’attività in questione, quelle estranee all’elencazione del comma 9,
dovrebbero necessariamente venire meno, in quanto, “a fronte di un
principio generale addirittura qualificato come fondamentale per lo sviluppo
economico e per la tutela della concorrenza, ogni limitazione che riduce la portata del
principio deve avere un’interpretazione letterale ritenendo che le deroghe siano
tassative.”.
Il Tribunale ha pertanto osservato che, “dal momento che la rigida
predisposizioni di turni di servizio e la disciplina degli orari di lavoro non rientra
tra le restrizioni che continuano a trovare applicazione per il servizio taxi, non può
valere a legittimare la condotta del Comune di Pisa l’esistenza dell’art. 5 L. 21/92
o dell’art. 10 L.R. 67/95 che autorizzano regolamenti che disciplino la
determinazione degli orari di servizio e dei turni di riposo.”
Tali norme, infatti, secondo il disposto del primo comma dell’art. 3,
dovevano essere adeguate ai nuovi principi entro il 30.9.2012. E, sempre
ad avviso del Tribunale, l’inerzia del legislatore nazionale e regionale
non autorizza ad affermare il permanere di limiti ulteriori rispetto a
quelli indicati dal legislatore del 2011.
Onde il primo Giudice ha concluso che anche il servizio dei taxi sarebbe
stato liberalizzato, sia pure nei limiti già visti, con la conseguenza che il
Comune avrebbe dovuto limitarsi a garantire il servizio minimo,
lasciando ai singoli esercenti la possibilità di incrementare l’offerta in
base a valutazioni di convenienza economica di cui assumeranno il
rischio (pur nel rispetto della durata massima dei turni individuali e del
periodo obbligatorio di riposo).
2b L’interpretazione che il primo Giudice ha così dato alle norme del d.l.
n. 138/2011 non può essere condivisa.
2c Le parti in causa concordano sul carattere tassativo dell’elencazione
delle restrizioni fatta, per la generalità delle attività economiche, dal
comma 9 dell’art. 3 del decreto. L’elenco integra, cioè, un numerus clausus
di ipotesi (cfr. la memoria di CONTAP, pag. 13) di normative di segno
restrittivo, sulle quali solo potrebbe ritenersi caduta la scure
dell’abrogazione disposta dal precedente comma 8 (cfr. del resto, su un
aspetto connesso, Corte Cost., 20 luglio 2012, n. 200, nella parte in cui
ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 3, comma 3, del d.l. n.
138, che prevedeva una generalizzata quanto indeterminata soppressione
delle normative statali incompatibili con il principio della
liberalizzazione delle attività economiche stabilito al comma 1 del
medesimo art. 3).
Per le restrizioni non riconducibili all’elenco del comma 9, quale quella
per cui è causa, vale invece, anche per quanto avverte il comma
immediatamente successivo (il 10), l’esito opposto, ed in particolare la
ben diversa regola per cui le medesime, semplicemente, “possono essere
revocate con regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge
23 agosto 1988, n. 400, emanato su proposta del Ministro competente entro quattro
mesi dall’entrata in vigore del presente decreto”.
Se l’elenco del comma 9 è tassativo ciò significa, quindi, che le
restrizioni che non vi figurano comprese restano in vigore (salva la mera
eventualità di una successiva “revoca” ai sensi del comma 10).
Dalla premessa fatta consegue, dunque, che per le attività liberalizzate
dall’art. 3 le sole restrizioni abrogate dall’articolo sono quelle
specificamente indicate come tali dalla legge, per essere state inserite
nell’elenco del suo comma 9.
Le altre normative preesistenti, magari astrattamente configurabili
anch’esse in chiave di “restrizione”, ma estranee al suddetto elenco,
restano, invece, in vigore, pur a fronte del nuovo principio
ordinamentale per cui “l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è
permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge”.
2d Ciò posto, è noto che la liberalizzazione disposta per i settori
ordinari ha incontrato per i taxi un regime derogatorio, essendo stati
“esclusi dall’abrogazione delle restrizioni disposta ai sensi del comma 8”.
Orbene, tale regola comporta chiaramente che per i taxi non operi
l’abrogazione delle restrizioni di cui all’elenco recato dal comma 9.
Anche per ogni altra restrizione, però (id est, per le restrizioni non
incluse nell’elenco), la regola, pure per i taxi, per quanto s’è detto, non
può che essere quella della sua permanenza in vigore, alla stessa stregua
di quanto avviene per le attività liberalizzate.
Si è visto, infatti, come per la generalità delle attività economiche
l’introduzione dell’enunciato di principio con cui si apre l’art. 3 non
comporti alcun impatto ai danni delle “restrizioni” non tipizzate dal
comma 9, che il decreto ha lasciato in vigore. La soluzione non può
allora che essere la stessa anche per il servizio dei taxi.
In altre parole, poiché le restrizioni estranee al numerus clausus del
comma 9 restano operanti per i settori liberalizzati, le stesse dovranno a
maggior ragione rimanere vigenti per i taxi, settore almeno parzialmente
sottratto alla liberalizzazione.
La soluzione opposta, affermata dal primo Giudice, oltre a non avere
alcun supporto normativo e a ricostruire in termini contraddittori il
senso delle norme in rilievo, finirebbe illogicamente per sottoporre il
servizio dei taxi, per questo aspetto, ad una liberalizzazione più spinta di
quella sancita per gli altri settori.
2e L’approdo ermeneutico indicato viene infine corroborato dal
successivo d.l. n. 1 del 2012 (convertito con la legge n. 27/2012), che
conferma, anche per i sostituti alla guida, la permanente vigenza di un
sistema di turni, ordinari ed integrativi, predeterminati ab extra; e che,
inoltre, stabilendo per il futuro che la materia debba formare oggetto di
accordi tra l’Amministrazione comunale e gli operatori, stanti gli aspetti
di interesse pubblico ad essa immanenti, conferma come essa non possa
essere rimessa sic et simpliciter (art 32 comma 1) al potere decisionale dei singoli titolari.
2f Il motivo dell’originario ricorso di CONTAP accolto dal primo
Giudice risulta, pertanto, destituito di fondamento.
3 Privo di pregio è infine il rilievo del CONTAP, qui riproposto
(memoria depositata nell’appello RG n. 4100/2013, pag. 19),
dell’incompetenza del dirigente che ha assunto la determinazione
impugnata, sul rilievo che l’atto sarebbe rientrato nella sfera di
competenza dell’organo consiliare.
Giova premettere che la materia in questione era stata già trattata a
livello regolamentare con la deliberazione dell’organo consiliare n. 16 del
14 febbraio 2008 (“Regolamento comunale dei Servizi di Trasporto Pubblico non
di linea”), fonte che al Titolo II, Capo I, si era occupata anche delle
modalità di svolgimento del servizio taxi, e specificamente, all’art. 27, dei
relativi turni.
A valle di tale regolamento, dei criteri per l’elaborazione dei turni del
servizio taxi erano stati poi dettati dalla Giunta comunale con delibere
del 22 dicembre 2009 e 31 marzo 2010 (docc.ti nn. 7 ed 8 della
produzione comunale in prime cure).
Tanto premesso, non sembra possibile assumere che il Consiglio
comunale, organo di governo ed indirizzo dell’Ente locale con
competenza limitata ad un ristretto e tassativo novero di atti
fondamentali dell’Ente, nel caso concreto, dovesse direttamente fissare i
singoli turni dei taxi.
Il Consorzio appellato vorrebbe far leva, in contrario, sull’art. 5 della
legge 15 gennaio 1992 n. 21 (la legge quadro per il trasporto di persone
mediante autoservizi pubblici non di linea), nonché sull’art. 10 della L.R.
6 settembre 1993 n. 67 (“Norme in materia di trasporto di persone mediante
servizio di taxi e servizio di noleggio”).
Ma il primo, rubricato “Competenze comunali”, si limitava ad esigere che i
Comuni, nel predisporre i regolamenti sull’esercizio degli autoservizi
pubblici non di linea, stabilissero, tra l’altro, le modalità per lo
svolgimento del servizio ed i criteri per la determinazione delle tariffe
per il servizio di taxi, e non prescriveva nulla di più.
Quanto al menzionato art. 10 (“Criteri per la redazione dei regolamenti
comunali sull’ esercizio degli autoservizi pubblici non di linea”), esso incaricava
semplicemente il Consiglio regionale di stabilire i criteri cui avrebbero
dovuto attenersi i Comuni nel redigere i regolamenti relativi all’esercizio
degli autoservizi pubblici non di linea, criteri che avrebbero dovuto
riguardare, tra l’altro, l’individuazione delle modalità di svolgimento del
servizio e la determinazione degli orari di lavoro e dei turni di riposo. E
la delibera del Consiglio regionale n. 131 del 1° marzo 1995, all’uopo
emanata, si limitava, a sua volta, a ribadire, per quanto qui interessa, che
il regolamento municipale di settore avrebbe dovuto occuparsi anche di
stabilire le “modalità per lo svolgimento del servizio”.
Risulta allora con evidenza come le previsioni indicate non valgano a
fondare la censura in esame.
Questo anche perché le medesime, oltre a dover essere coordinate con le
regole generali del T.U.E.L., vanno interpretate tenendo debitamente
presente che il potere del cui esercizio di discute ha natura, appunto,
regolamentare, onde la relativa attribuzione di competenza non
potrebbe comunque essere snaturata, come accadrebbe ove fosse estesa
fino a ricomprendere l’emanazione di comuni atti amministrativi con
pluralità di destinatari, quale quello di cui si tratta.
Il vero è che l’organo consiliare nella concreta vicenda aveva già
esercitato le sue attribuzioni con il regolamento del 14 febbraio 2008, a
valle del quale non potevano non trovare applicazione, perciò, le comuni
regole sulle competenze municipali in favore della Giunta e della
dirigenza.
Da qui l’infondatezza del mezzo in tutte le sue articolazioni.
4 In conclusione, gli appelli in esame devono trovare accoglimento e, in
riforma della sentenza in epigrafe, il ricorso di primo grado deve essere
respinto.
Sussistono senz’altro ragioni tali da giustificare la compensazione delle
spese processuali del doppio grado di giudizio fra tutte le parti in causa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), riuniti gli
appelli in epigrafe, li accoglie, e per l’effetto, in riforma della sentenza
appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa tra le parti le spese processuali del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 13 dicembre
2013 con l’intervento dei magistrati:
Mario Luigi Torsello, Presidente
Vito Poli, Consigliere
Sabato Malinconico, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
e quindi, e quindi, e quindi, e quindi, …….