Liberalizzazioni: come mangiarsi l’Italia

Dei cinque punti proposti da Confindustria per il rilancio dell’economia in Italia, uno riguarda le liberalizzazioni e, tra le proposte, troviamo anche la liberalizzazione dei servizi professionali. Entrando nel merito di questo aspetto specifico si resta basiti nello scoprire come i provvedimenti invocati con tanta enfasi da Emma Marcegaglia a riguardo delle libere professioni siano già stati assunti da tempo. Due domande vengono quindi spontanee: come può Confindustria nella sua nuova veste di somma predicatrice del liberalismo essersi dimenticato di quanto già ottenuto nel recente passato per ‘ridimensionare’ i professionisti? E ancora ci si chiede come mai le tanto evocate liberalizzazioni dei servizi professionali, per quanto di già attuato, non abbiano portato all’economia italiana quei sorprendenti benefici paventati dagli industriali.Due domande per un’unica risposta: Confindustria sa benissimo come le proprie idee a riguardo della liberalizzazione dei servizi professionali siano sostanzialmente ininfluenti per il rilancio dell’economia, ma conta sul fatto che possano essere determinanti per la PROPRIA sopravvivenza.

Mi spiego: seguendo la strategia dei sindacati della triplice che, in calo di consensi tra i lavoratori si sono rivolti ai pensionati , Confindustria, per bilanciare la contrazione degli associati dovuta alla deindustrializzazione ed all’esodo delle imprese dall’Italia, pensa di mantenere disponibilità economiche e potere egemonizzando i professionisti ed accogliendoli tra le proprie braccia pelose! Perché tollerare ancora un sistema parcellizzato costituito da una moltitudine di piccoli professionisti dotati di capacità e competenze, che si rapportano in modo personale e diretto con i propri clienti, che conoscono e seguono personalmente, applicando giuste tariffe senza lucrare e senza imbrogli?

Molto meglio fare piazza pulita di questa concezione antiquata dell’attività professionale, per inquadrare i professionisti entro grossi studi sorretti da società di capitali, venendo a perdere il contatto con il committente ed aprendo la strada ad un rapporto truffaldino e impersonale, con la possibilità magari di fare cartello e comunque di decidere, in pochi, tariffe, servizi, modalità di erogazione delle prestazioni alla clientela. Del resto cosa ci abbiamo guadagnato con la tanto sbandierata liberalizzazione dei prezzi dei carburanti, piuttosto che dei servizi per la telefonia, per l’energia o delle assicurazioni?Intanto che si concretizza il piano per incorporare i professionisti nella tenaglia del sistema capitalistico fondato sulla dittatura del capitale (altro che liberalizzazioni!) i nostri simpatici, progressisti, illuminati industriali non trovano di meglio che lucrare su coloro che si preparano a fagocitare, offrendo loro prestazioni, consulenze, proponendo sistemi organizzativi e gestionali, non importa se del tutto inadatti alle piccole realtà autonome; sciorinando corsi, pontificando di qualità, efficienza, competitività ed Europa. Attraverso l’eliminazione degli Ordini infatti (non se ne parla esplicitamente nel programma in 5 punti, ma ci pensa direttamente il ministro Tremonti ad interpretare estensivamente questo desiderio inconfessato), si punta a privare i lavoratori autonomi di strutture ed organizzazioni di riferimento, per farli cadere più facilmente nella rete tesa dalle associazioni più organizzate e strutturate.

fonte: varesenews.it 5/10/2011 Luca Bertagnon

Un commento

  1. Speriamo che se liberalizzano tutto lo facciamo anche con le autostrade così mi compro un furgone da paninaro e mi metto nei parcheggi degli autogrill.
    Oppure perchè no un bel carro attrezzi con tante lucine?

    Lo sapete che i benzinai sulle autostrade non possono vendere nulla che non sia stato “approvato” prima dalla “bandiera” e poi dalla concessionaria autostradale.
    Mi è stato detto quando proposi un servizio che erogavo io ad un benzinaio, lo voleva ma non poteva.

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