ilmessaggero.it Bruxelles ha inviato un parere circostanziato per la modifica del decreto piattaforme redatto dal ministero dei Trasporti: no anche al tempo di attesa di 20 minuti tra una corsa Ncc e l’altra. Il governo ha un mese per cambiare il testo, ma non è disposto a cedere. La Commissione europea ha inviato un parere circostanziato al governo per chiedere una serie di modifiche al decreto “piattaforme” taxi-Ncc redatto dal ministero dei Trasporti. Come anticipato da Il Messaggero lo scorso 17 marzo, quindi, si allunga di un mese, fino al prossimo 13 giugno, la procedura di verifica cosiddetta “Tris”. Anche su pressing dell’Estonia, patria della multinazionale del trasporto Bolt, che vuole investire in Italia.
Il testo del parere circostanziato sarà pubblicato il prossimo 23 maggio. Ma i contenuti sono stati anticipati da una lettera inviata da Bruxelles al ministero dei Trasporti lo scorso 23 aprile. Nel mirino il divieto di confronto dei tempi di attesa e dei prezzi tra Ncc e taxi sulle app prima di scegliere il servizio, che aveva fatto infuriare Uber. Violerebbe una direttiva Ue sui diritti dei consumatori. Dubbi anche sull’oscuramento del luogo di destinazione delle corse taxi tramite app (la cosiddetta “stretta anti-furbetti” delle auto bianche) e sull’applicazione delle norme per aziende che hanno sede legale in altri Paesi Ue (vedi Uber e Freenow). Sarebbe contro i principi della direttiva “E-Commerce”.
Ci sarebbero poi barriere di accesso indebite al mercato italiano e violazioni del Gdpr sulla privacy. Ma anche contrasti con il Digital Services Act, visti gli obblighi di sorveglianza rispetto ai 20 minuti di attesa tra i servizi Ncc e l’obbligo di fatto di rientro in rimessa dopo ogni corsa. Norme previste anche da un altro decreto del Mit, quello sul cosiddetto “foglio elettronico di servizio”. Su questo decreto è atteso a giugno il giudizio di merito del Tar. Il ministero dei Trasporti, però, si dice ancora fiducioso di poter spiegare le sue ragioni e per ora andrà avanti con entrambi i decreti.
Secondo fonti dello stesso Mit, si tratta di richieste di chiarimenti su alcuni aspetti che riguarderebbero principalmente i profili europei della disciplina, non quelli nazionali.
In particolare sull’attesa di 20 minuti «non si parla di illegittimità, ma si chiedono solo chiarimenti, appunto». Gli uffici del ministero ci satebbero già lavorando e non starebbero riscontrando particolari problemi ad andare avanti.
Lo scontro
Non è detto, infatti, che delle modifiche al decreto debbano essere fatte subito. «In passato – spiega Luciano Monti, docente di politica dell’Ue alla Luiss – gli Stati membri europei non hanno seguito le indicazioni della Commissione Ue nell’ambito della procedura Tris, ma dopo la fine della verifica è possibile fare ricorso alla Corte di Giustizia Ue facendo riferimento proprio alle presunte violazioni manifeste del diritto europeo». È quello che si dicono pronte a fare le associazioni degli Ncc, come Ncc Italia e MuoverSì dell’ex deputato del Pd Andrea Romano.
Il decreto piattaforme ripropone poi, come detto, in modo indiretto l’obbligo di rientro in rimessa per gli Ncc, già ritenuto irragionevole dalla Corte costituzionale. La questione è ancora oggetto di esame da parte dei giudici, che si esprimeranno entro la fine dell’anno. Nel frattempo MuoverSì e Radicali italiani hanno proposto una riforma per liberalizzare di fatto il mercato degli Ncc, trovando una sponda (per ora informale) in gran parte di Forza Italia.
Gli interessi estoni
Negli ultimi mesi l’esecutivo estone, guidato dal liberale Kristen Michal, ha interloquito con la Commissione Ue (dove è rappresentato dall’alta rappresentante per gli Affari esteri Kaja Kallas), chiedendo modifiche tramite un commento e dando battaglia per bloccare di fatto il provvedimento del governo. Questo sempre nell’ambito della procedura europea di verifica Tris, obbligatoria per le norme su piattaforme e i cosiddetti “servizi della società dell’informazione”. Il confronto, avviato a febbraio sotto l’egida della Commissione Ue, coinvolge infatti tutti e 27 gli Stati membri, serve a controllare il rispetto delle norme europee sulla concorrenza.
Bolt, che ha sede nella capitale estone Tallin, opera in 500 città e 45 Paesi, con oltre 100 milioni di clienti e un fatturato da più di 1,3 miliardi di euro l’anno. Tra gli Stati europei ci sono tutte le grandi nazioni tranne l’Italia, dove il servizio auto è presente in via sperimentale solo a Modena e Reggio Emilia, mentre a Milano ci sono scooter e monopattini elettrici. L’obiettivo della multinazionale è investire entro due-tre anni nelle principali città italiane, tra cui Roma, dove spera in un rapido aumento delle licenze Ncc. Il bando sulle nuove duemila autorizzazioni previste dal Campidoglio, però, è paradossalmente bloccato proprio dall’incertezza sui cosiddetti “decreti Salvini”. Il Comune attende regole chiare per predisporre la procedura.