«Basta con il mercato delle licenze: occorre liberalizzare il settore dei taxi»

ilsole24ore.com «Aumentare il numero delle licenze è una soluzione di breve periodo. Bisogna fare una riforma complessiva del settore». Andrea Giuricin è uno dei massimi esperti in Italia, fa ricerca sul campo ed è un economista dei trasporti dell’Università Milano Bicocca.

L’emergenza dei taxi non sembra sbloccarsi, nelle grandi città sono ancora pochi nonostante la forte domanda. È una fotografia realistica?
La domanda di mobilità non di linea è molto cresciuta negli ultimi anni, anche trainata dall’aumento del numero di turisti internazionali. Solo per portare alcuni dati, il numero dei passeggeri aerei internazionali negli ultimi 15 anni è quasi duplicato, come mostrano i dati Assaeroporti. Al tempo stesso l’offerta di auto bianche è rimasta stabile in quasi tutte le maggiori città italiane e questo disequilibrio tra domanda e offerta causa i disservizi che la stessa Autorità Antitrust ha evidenziato.

La liberalizzazione del mercato è lontanissima e ormai sembra anche depennata dall’agenda politica. Come mai?
L’agenda politica non ha coinciso con le esigenze dei cittadini e dei turisti e la politica si è spesso schierata a difesa della categoria dei taxi. Purtroppo, l’apertura del mercato a nuovi operatori, tramite una riforma complessiva del settore della mobilità di linea non è al centro dell’interesse del legislatore. Ci sono stati diversi tentativi, tutti però affossati e il risultato è quello che i cittadini e i turisti subiscono spesso con i diversi disservizi nel settore taxi, non solo con le code, ma anche con le chiamate inevase. Servirebbe un cambio di passo radicale, una riforma.

Per andare in quale direzione?
Il settore andrebbe completamente liberalizzato come in altre parti del mondo ma forse il nostro Paese non è pronto a questo passo. E allora che si apra quanto meno alla possibilità di aumentare in modo considerevole gli Ncc.

D’altro canto molti tassisti obiettano che loro la licenza l’hanno pagata a caro prezzo. Come se ne esce?
Bisogna ricordare che nella maggior parte dei casi i Comuni hanno rilasciato le licenze gratuitamente ai tassisti, che in un secondo tempo le hanno rivendute profumatamente ad altri colleghi. Bisogna sottolineare che c’è tra l’altro una certa incongruità tra redditi lordi dichiarati, come mostrato proprio sul vostro giornale, e il valore della licenza stessa. Indubbiamente questo mercato secondario che si è venuto a creare rende più complessa l’uscita da questo impasse, ma delle soluzioni possono essere trovate. Ad esempio, se tutti i nuovi entranti pagassero una piccola fee di ingresso al mercato si potrebbe creare un fondo per compensare parzialmente chi ha pagato l’acquisto della licenza.

Ma torniamo a oggi. Quando qualche sindaco coraggioso prova ad aggredire il problema aprendo al rilascio di nuove licenze, i tassisti scendono sul piede guerra. Non è una partita facile. Il decreto Asset ha risolto qualcosa?
I sindaci potevano, già prima del decreto Asset, aumentare il numero delle licenze, ma questo non è stato fatto in quasi nessun caso. Aumentarle è tuttavia una soluzione di breve periodo, e il decreto Asset può semplificare questo processo. Tuttavia, è necessario non solo trovare soluzioni di breve periodo, ma anche fare una riforma complessiva del settore che ponga l’Italia al pari di tanti altri paesi del mondo.

All’estero va meglio?
L’Italia senza dubbio è molto più indietro rispetto ad altri paesi, ma anche altrove in Europa la situazione è complessa per i cittadini. Bisogna dire però che in quasi tutte le parti del mondo, dagli Stati Uniti fino alla Malesia, passando dalla Tanzania dove ora mi trovo per lavoro, ci sono diverse piattaforme di mobilità che offrono servizi efficienti e dove l’offerta è adeguata alla domanda.