Taxi a Napoli, il Tar dà ragione al Comune: «Sufficiente il numero di licenze»

corriere.it I giudici amministrativi rigettano il ricorso di due autisti precari: rispetto all’89 gli abitanti sono in calo.
Circa un mese fa l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, a conclusione di una istruttoria avviata in estate, aveva stabilito che a Roma, a Napoli ed a Milano «c’è una diffusa e strutturale inadeguatezza del numero delle licenze attive rispetto alla domanda del servizio taxi». In altri termini invitava i Comuni a rilasciare più licenze di quante ce ne siano adesso.

Il decreto legge Asset varato ad ottobre dal governo, poi, ha previsto che i grandi Comuni possano incrementare il numero delle licenze dei taxi fino al massimo di un quinto rispetto a quelle già esistenti. Arriva, però, ora una sentenza del Tar della Campania che indica per Napoli una strada completamente opposta rispetto a quella imboccata dall’Autorità Garante della Concorrenza e dal disegno di legge di ottobre. Secondo i giudici del Tar, i quali hanno accolto pienamente la tesi degli avvocati del Comune di Napoli, le licenze di taxi nel capoluogo partenopeo sono più che sufficienti. Non ne occorrono altre.

Il ricorso
Le toghe erano state chiamate ad esprimersi sul ricorso presentato da Salvatore D. V. e Pasquale A. contro Palazzo San Giacomo per l’annullamento del diniego con il quale il Comune il 22 gennaio 2019 aveva rifiutato l’indizione di un nuovo concorso volto alla concessione di licenze taxi, o in alternativa all’aumento delle stesse, nonché alla possibilità di procedere alla riassegnazione delle licenze revocate. De Vita ed Amato si erano rivolti al tribunale dopo inutili diffide al Comune ed in qualità di idonei in graduatoria all’ultimo concorso di assegnazioni delle licenze. Da diversi anni sono in attesa dell’emanazione di un nuovo bando. L’ultima procedura relativa all’aumento dei numeri di licenze risale al 1989. Gli avvocati dei ricorrenti hanno fatto presente ai giudici che «rispetto al precedente periodo di assegnazione delle licenze, Napoli ha subito rilevanti modifiche sia dal punto di vista turistico (diventando una meta attrattiva di pregio dati gli innumerevoli siti d’arte e storici), sia dal punto di vista urbano, essendosi realizzata una espansione della città». Tali circostanze sopravvenute, hanno sostenuto i legali di D. V. ed A. «hanno determinato un incremento della domanda di trasporto pubblico individuale che renderebbe indispensabile, a tutela della collettività, l’indizione di un nuovo bando di concorso, diretto almeno al ripristino delle 2240 licenze mancanti».

La sentenza
Il Comune si è opposto ed il Tar ha stabilito che ha ragione. «La pianta organica del Trasporto Pubblico Locale non di Linea del Comune di Napoli —argomenta la sentenza — è stata definita quando il numero della popolazione residente era di gran lunga maggiore di quello attuale, con un numero di taxi per abitante minore rispetto a quello attuale e con una maggiore offerta di TPL attuale rispetto a quella presa a riferimento per la pianta organica». Inoltre, scrivono i giudici, «il Comune ha dimostrato che il rapporto tra taxi e numero di abitanti è diminuito rispetto al periodo in cui è stata predisposta la pianta organica del Comune di Napoli, essendosi passato da un rapporto di un taxi per ogni 549 abitanti nel 1989 ad un rapporto di 1/408 abitanti». Ulteriore circostanza che dimostra l’inesistenza dei presupposti per un nuovo bando, a detta dei magistrati, «è riconducibile al fatto che, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, la città di Napoli ha, nel corso degli anni, perso ulteriori abitanti, tanto è vero che, nelle ultime statistiche, i residenti risultano essere appena 913.462».

Quando al disegno di legge varato ad ottobre dal governo, i magistrati precisano che esso «non solo non impone ai Comuni di indire nuovi concorsi, ma attribuisce a questi la semplice facoltà di ampliare il numero delle licenze, nell’espressione di un potere di discrezionalità tecnica, ancorato al rispetto delle condizioni contenute nelle delibere di applicazione del regolamento comunale». I due «tassisti precari» potranno cercare la rivincita al Consiglio di Stato. Intanto, però, dovranno farsi carico delle spese di lite in favore del Comune, che il Tar ha quantificato in 2.000 euro.