Governo è anti Uber: «Il Riformista» scatena la guerra ad personam

ilriformista.it Da giorni il Il Riformista, diretto da Matteo Renzi, segue con interesse tutte le mosse del ministro dell’Industria, Adolfo Urso, o come lo chiamano i sottoposti del senatore semplice di Scandicci Adolfo Urss. Il nomignolo starebbe a indicare una certa predisposizione ai piani quinquennali e all’intervento pubblico. È interessante notare che la campagna martellante ha una origine specifica. Che riguarda la posizione di Urso e del governo su Uber, la piattaforma digitale che gestisce la mobilità in centinaia di città nel mondo

In occasione della trattativa con i taxisti attorno al tema della licenze, il ministro ha sentenziato: «Non staremo mai con le multinazionali estere». Una posizione divisiva che molti non condividono, non sufficiente a spiegare l’accanimento del Riformista. Se non con un dettaglio. In una inchiesta del Guardian, insieme al Consorzio internazionale di giornalisti investigativi, nel 2022 sono emersi documenti riservati relativi al periodo compreso fra il 2013 e il 2017 che coinvolgono il colosso dei taxi. In pratica è emerso un sistema di lobbying e pubbliche relazioni attuato dal colosso per provare a ottenere l’appoggio di politici di spicco per scombussolare il settore in Europa quando alla guida della società c’era Travis Kalanick.

Il gigante Uber, secondo l’inchiesta, avrebbe violato le leggi, «ingannato la polizia, sfruttato i conducenti e fatto pressioni, in modo segreto, sui governi durante la sua espansione globale». Dall’inchiesta risultavano anche pressioni su politici e amministratori pubblici di decine di nazioni tra cui Emmanuel Macron (all’epoca ministro dell’Economia) e a Renzi per evitare procedimenti giudiziari e piegare le norme statali agli interessi della multinazionale.

Nelle mail dei manager americani, Renzi, che all’epoca dei fatti era primo ministro in Italia, viene definito «un entusiastico sostenitore di Uber». Il leader di Italia Viva, al settimanale L’Espresso, che lo scorso anno si era occupato del tema ha spiegato di non aver «mai seguito personalmente le questioni dei taxi e dei trasporti». Senza aggiungere granché d’altro. La questione è poi stata dimenticata dai media e pure dalla politica fino al mese scorso, quando Urso ha riacceso al disputa.

Le coincidenze non sono mai fortuite e non è difficile immaginare che se si riveste la carica di politico, di ex premier e di conferenziere retribuito in giro per il mondo, nel momento in cui si decide la linea editoriale gli altri cappelli indossati abbiano un certo peso. D’altronde Renzi ha pure altri motivi di attrito con l’attuale governo e il titolare del Mimit. Si chiamano Golden power e Copasir, comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.

Lo scorso marzo, l’attuale esecutivo a guida Giorgia Meloni ha sfoderato per la prima volta i poteri di veto su operazioni che toccano la sicurezza nazionale. Palazzo Chigi ha posto il veto sulla cessione di un’azienda di Marco Carrai all’olandese Nebius Bv, società da un cittadino olandese, Alfred Alexander de Cuba, nato nelle Antille olandesi e residente allo stesso indirizzo della Nebius. Secondo articoli del Fatto Quotidiano, la vendita avrebbe garantito alla realtà di Carrai di ricevere un prestito da 2 milioni erogato da Yandex. « Quest’ultima è la cosiddetta Google russa, il primo motore di ricerca nel Paese di Vladimir Putin, fondata da Arkady Volozh». Non proprio un regalo da parte del governo, tanto più che ci sono scelte originate da verifiche precedenti. Il Copasir nella legislatura precedente era presieduto dallo stesso Urso e fu il Copasir ad acquisire la documentazione della Procura di Firenze sull’inchiesta Renzi- Carrai. I documenti sono stati segretati, ma in ogni caso rimasti agli atti. Insomma, tanti motivi di ruggine.