La truffa dello specchietto

La tecnica è ben collaudata. Minimo rischio e profitto immediato. E, per la vittima, oltre al danno c’è anche la beffa. Prima di rendersi conto di essere stati truffati, infatti, i malcapitati si trovano a pensare addirittura di essere riusciti, evitando la lettera e pagando subito per il sinistro, a limitare il danno, non incappando nell’aumento del premio assicurativo.
Il tutto per un incidente stradale che in realtà non c’è mai stato.
A denunciare la «truffa dello specchietto» sono stati, nell’ultimo mese, molti tassisti che operano nella zona tra via Galileo Ferraris, via Gianturco e il Corso San Giovanni a Teduccio.
Alcuni di loro, quando hanno capito di essere stati raggirati hanno anche denunciato il fatto alle forze dell’ordine.
Si tratta, comunque, di un piano ben architettato. I malviventi, di solito sempre in due, sono a bordo di un’auto di grossa cilindrata che, dal lato del conducente, ha già lo specchietto retrovisore esterno sfasciato e magari anche un’ammaccatura sulla carrozzeria per rendere il falso incidente credibile. Appena adocchiano un tassista lo affiancano e poi, approfittando di un suo attimo di distrazione, dal finestrino uno dei due dà un pugno contro il taxi o scaraventa contro la fiancata un sasso o una biglia per simulare con il rumore dell’urto l’incidente e poter poi chiedere il pagamento dei presunti danni subiti. Così dopo poco, lo fermano sostenendo di essere stati appena urtati da lui e di aver avuto lo specchietto danneggiato. Quindi, i truffatori convincono il malcapitato a risarcire immediatamente il danno senza denunciare il sinistro all’assicurazione.
Il più delle volte la vittima paga, o per sbrigare al più presto la vicenda ma a volte anche perché è intimorita dalle minacce o dal fare aggressivo dei delinquenti.
In realtà i tassisti non sono le uniche vittime della truffa. Molte sono state le segnalazioni giunte anche da semplici automobilisti, spesso donne o anziani, che si sono ritrovati vittime del raggiro. «Spesso – spiega Ferdinando Micco, responsabile sindacale del Sitan-Atn – per alcuni è stato anche difficile provare la truffa. Soprattutto se hanno pagato senza far storie. È capitato persino che gli agenti hanno dubitato proprio di loro pensando che denunciavano il fatto per ”mettere le mani avanti”, mentre in realtà erano stati loro a provocare il sinistro».
In qualche caso, è capitato anche che la vittima non abbia accettato di pagare subito la «conciliazione bonaria» proposta dai due per l’inesistente danno. Allora è accaduto che il truffatore è ricorso all’intimidazione o alla minaccia, per farsi pagare, commettendo quindi una vera estorsione…

fonte: ilmattino.it 7/01/2011