Il flop dei taxi volanti: la Borsa (per ora) non ci crede

corriere.it Il rischio, avverte più di un esperto, è ritrovarsi con i «vertiporti», ma non gli «eVtol», i velivoli elettrici a decollo e atterraggio verticale che dovrebbero proprio partire o arrivare da queste nuove piattaforme. Con le metropoli sempre più congestionate dal traffico e l’esigenza di spostare le persone da un punto all’altro della città nel modo più veloce e pulito possibile, i taxi volanti sono diventati uno dei dossier su cui si punta di più.

Le azioni
Se le certificazioni tecniche, il passaggio fondamentale per operare legalmente, non ci sono ancora, la Borsa per ora non premia chi ci lavora. Come segnala il giornale francese Les Echos le startup impegnate nella realizzazione degli eVtol hanno visto le loro azioni scendere sensibilmente rispetto agli inizi. Joby Aviation dall’inizio delle quotazioni ha lasciato sul terreno il 60,6%. Archer Aviation segna -74,1% rispetto agli inizi. Va peggio a Vertical Aerospace (-84% dagli esordi) e a Lilium crollata del 94,5%. Anche se un’analisi del Corriere sugli indici mostra che si registra qualche rialzo dal 1° gennaio di quest’anno: +23,4% per Joby e +33,7% per Archer. Segno ancora negativo per Vertical (-38,9%) e Lilium (-50,4%).

Gli ordini
Un report di McKinsey stima che una grande società di eVtol nel 2030 potrebbe registrare 3 miliardi di dollari di ricavi all’anno, avere una flotta di mille aerotaxi che ogni giorno operano 20 mila voli da 18 minuti di media e trasportano 70 mila persone. Le aviolinee, le società cargo, i fondi d’investimento, le startup, le aziende tech e quelle automobilistiche hanno ordinato finora 12.170 eVtol secondo il database di Smg Consulting: solo 670 (il 5,5%) sono ordini fermi. Tra gli investitori c’è pure Mundys (ex Atlantia) che punta sulla tedesca Volocopter. Mentre Aeroporti di Roma (Fiumicino e Ciampino) e Sea (Milano Linate e Malpensa) vogliono realizzare i vertiporti, le strutture dove accogliere gli eVtol.

I nodi
Le principali criticità, secondo gli esperti, sono almeno sei: gli investimenti richiesti (almeno 10 miliardi di dollari nel 2023-2027), le incognite sulla certificazione (con il via libera non prima del 2024-2025), le tempistiche sul «ridisegno» dello spazio aereo tra aerei, elicotteri, taxi elettrici e droni (in Italia Enav ed Enac ci lavorano da tempo), la capienza ridotta degli eVtol (da uno a quattro passeggeri), la spesa per l’utilizzo (almeno 120 euro a persona agli inizi) e il grado di «accettazione sociale». Anche se un sondaggio di Easa, l’Agenzia europea per la sicurezza aerea, mostra che la maggioranza degli intervistati non è contraria all’introduzione di questi nuovi mezzi di trasporto.

Gli analisti
Ivan Terekhov, di Lufthansa Innovation Hub, è pessimista: i taxi volanti, dice, «non opereranno collegamenti commerciali prima del 2030». Mentre per Savanthi Syth, analista di Raymond James del trasporto aereo, «l’incertezza sugli standard di certificazione rimane il principale ostacolo: prevediamo che i velivoli autorizzati dall’americana Faa possano incontrare maggiori ostacoli sui mercati internazionali rispetto a quelli approvati da Easa».