La storia della mala milanese -parte 3

La morte di Turatello, la carcerazione a vita di Vallanzasca e soprattutto il pentimento e la collaborazione da parte di Angelo Epaminonda, mettono fine al periodo della Mala milanese: l’8 febbraio 1988, al termine di un processo assurdo (che vide addirittura uno degli imputati Nuccio Miano esplodere incredibilmente alcuni colpi di pistola in aula) in cui vennero comminate 86 condanne di cui 50 all’ergastolo.

Un’intera generazione di gangster, rapinatori e taglia gola venne spazzata via creando spazio alla gestione delle mafie meridionali che, in modo meno chiassoso e appariscente, si divisero città e interland dando via alla nuova drammatica stagione dell’ eroina, il nuovo business che nel corso degli anni 80 soppiantò gioco d’azzardo, rapine e sequestri e fu fonte di guadagni miliardari come anche responsabile di migliaia di morti tra le giovani generazioni.

Senza più un leader imperante alla Turatello, nuove figure legate alle grandi cosche si spartirono i quartieri periferici trasformati in breve in piazze di spaccio al livello di quelle Marsigliesi e Napoletane: Don Ciccio Scaglione con il suo braccio armato ed ex picchiatore SanBabilino Rudi Mammarosa al Giambellino, la storica famiglia palermitana dei Fidanzati al Corvetto e soprattutto gli emergenti Biagio “dentino” Crisafulli a Quarto Oggiaro e Pepé Flachi a Bruzzano creano alleanze siculo/calabresi in grado di dominare la Milano degli anni 80 e 90.

Un dominio capace di estendersi non solo in Lombardia attraverso amicizie come quella del Ras del Lecchese Franco Coco Trovato, ma anche alle pendici del Vesuvio dove il clan allargato arriva a sterminare la famiglia camorrista dei Batti che per un breve periodo cerca di contendere il mercato dello spaccio nel nord Milano attraverso la piazza delle baracche di via Polveriera a Novate Milanese.

Non più un solo Boss ma più leader tra loro in contatto: emblematico il caso del già citato dentino Crisafulli,  siciliano di Comiso che, a partire dagli anni 80, fonda il suo impero a Quarto Oggiaro. Non un duro da strada ma un educato uomo d’affari, Crisafulli è il tipico esempio di evoluzione malavitosa fatta di buone maniere, buone frequentazioni, buone scuole per i figli e soprattutto ottimi affari in campo finanziario e immobiliare.

Come il suo amico Flachi, “dentino” gestisce i grossi traffici di droga milanesi che hanno come fulcro operativo il fortino di via Emilio Bianchi un posto così simile alla Scampia di Gomorra da richiedere di essere liberato addirittura dall’intervento della polizia in assetto antisommossa e dagli elicotteri: Dentino Crisafulli verrà arrestato in Francia a metà degli anni 90 e, a dimostrazione di un intelligenza non di facciata , consegue in carcere ben 2 lauree.

Citazioni a parte, le mafie venute dal sud si sono dimostrate meno appariscenti rispetto alla vecchia malavita ma assolutamente più spietate e concrete: quando negli anni 90 i Leghisti che seguirono i Socialisti alla guida di Milano si trovarono a dover affrontare, già ramificata in Lombardia, una Ndrangheta 2.0, evoluzione non di Ligera e Mala ma di una mentalità affaristica delinquenziale ormai radicata in quella che i Lúmbard vorrebbero Padania … vero è che questa è un’altra storia ma come recita un vecchio detto lombardo “i danee, dannen” (I soldi dannano) e a rileggere quanto scritto si direbbe proprio che ciò sia verità inconfutabile.

E i taxi, cosa c’entrano in questo racconto in tre puntate? In modo diretto niente anche se, soprattutto di notte, indirettamente una loro parte l’hanno avuta. Più che nel periodo della Ligiera, dove i taxi neri andavano a metano è stato nel periodo della mala taxi e Tassisti  si avvicinano ad alcuni fatti di cronaca: un esempio? Chi mise la bomba presso la Banca dell’agricoltura si recò in piazza Fontana in taxi. Renato Vallanzasca era soprannominato Mr.Taxi per la sua abitudine ad utilizzare le auto pubbliche così come Enrico Merlo, componente della sua banda, svolse per un breve periodo l’attività di tassista. Utilizzatore di taxi fu anche Luciano Liggio, la primula rossa di Corleone che durante il suo periodo milanese era solito chiamare l’allora radiotaxi 2053 da una cabina telefonica del Vigentino. Altri episodi legati al gioco dei dadi videro la concessione da parte di Francis Turatello di 2 bische a cielo aperto in via Borgogna e alla Stazione Garabaldi “ad uso esclusivo” dei tassisti…storie passate di una Milano che non c’è più.

di Davide Pinoli -seconda parte -fine