Uber, la regina degli evasori in Europa

Uber finisce nuovamente nell’occhio del ciclone. Dopo l’accusa di sfruttamento di oltre 10.000 fattorini, il colosso statunitense della mobilità torna a far parlare di sè in materia di evasione fiscale. Secondo uno studio del Centro di ricerca sulla responsabilità fiscale internazionale delle aziende, infatti, Uber sarebbe riuscita a eludere le tasse su 5,8 miliardi di risultato operativo nel 2019, il tutto grazie a una rete di 50 società di comodo olandesi. Jason Ward, analista della Ong australiana protagonista dello studio, ha definito questo sistema “la Champions League dell’elusione fiscale”, con Uber che non avrebbe rivali.

Come funziona concretamente questo schema di elusione fiscale? Il Fatto Quotidiano in edicola questa mattina evidenzia tutti gli step: “La manovra si basa su una complessa rete di prestiti e transazioni sulla proprietà intellettuale del software di Uber che si snoda tra società localizzate nelle Bermuda e nei Paesi Bassi. La multinazionale ha trasferito i diritti di sfruttamento dei suoi brevetti attraverso un “prestito” di 16 miliardi di dollari da una delle sue controllate a Singapore, che possiede una delle società di comodo olandesi, ottenendo così una detrazione fiscale di 1 miliardo l’anno per i prossimi due decenni”. La maggior parte delle 50 società di comodo olandesi non ha presentato i bilanci a fine anno, mentre Uber ha pagato meno di un terzo della tassa del 6% che l’India impone alle multinazionali e anche in Australia è riuscita a ridurre il carico fiscale.

Che Uber sia quindi la regina dell’evasione fiscale in Europa non sembra in discussione. Il colosso statunitense però non è l’unico ad eludere le tasse nel nostro continente: la filiale lussemburghese di Amazon è stata infatti accusata di aver ricevuto un trattamento fiscale incompatibile con le regole del mercato interno della UE stessa. L’accusa è stata mossa dalla Commissione UE, che si è vista però ribaltare la decisione dalla Corte di Giustizia, la quale ha stabilito che nella filiale di Amazon dove vengono convogliati gli utili realizzati dal colosso dell’e-commerce in Italia, Germania, Francia, Spagna, Olanda, Polonia e Gran Bretagna tutto sarebbe in regola.

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