I taxisti decimati dal coprifuoco: “Abbiamo dovuto ridurre del 50% l’attività del mese”


lastampa.it Tra i tanti settori che hanno risentito della pandemia c’è quello dei trasporti. Difficilmente, infatti, ci siamo chiesti come si sono organizzati i tassisti che, con una riduzione evidente di clienti per via delle chiusure o delle limitazioni dei viaggi, hanno faticato a svolgere il proprio mestiere. «Durante il periodo di lockdown – e si può dire dall’inizio della crisi pandemica, nel marzo 2020 – a Torino l’attività dei tassisti ha subito una flessione che si attesta tra il 60 e l’80%» spiega il presidente della Cooperativa Taxi Torino, Alberto Aimone.

Lo scenario
«Lo scenario si complica, poi, se consideriamo il blocco degli spostamenti dopo le 22, dovuto al coprifuoco. Il servizio taxi, infatti, è sempre attivo h24, 365 giorni all’anno «per obbligo istituzionale» chiarisce il presidente. «Il taxi è a tutti gli effetti parte integrante del sistema di trasporto pubblico e riceve dal Comune il mandato di coprire l’intera area metropolitana h24 a tariffe concordate. Una differenza fondamentale in termini di servizio per il cittadino: tutta la città deve essere presidiata in modo che le persone possano disporre di un mezzo di trasporto anche – e specialmente in questo periodo – in situazioni di emergenza».

I nuovi turni di lavoro
Ma come si organizzano i turni di lavoro, per garantire che nessun tassista possa perdere ulteriori ricavi economici? Alberto Aimone ci spiega che «il servizio è stato esattamente quello di sempre, ma ogni tassista ha ridotto del 50% l’attività nel mese. Invece di lavorare su 26 giorni, ognuno ha lavorato 15 giorni, turnando h24 e in pratica riducendo del 50% i veicoli su piazza».
In questo modo, la cooperativa ha evitato anche litigiosità fra dipendenti. «Il lavoro è stato ridotto in modo egualitario su tutti. Un po’ come nel sistema della cassa integrazione che però, nel nostro caso, non era remunerata perché ogni tassista fa capo a sé, come piccolo imprenditore. Fin dall’inizio, attraverso un’ordinanza – aggiunge il presidente – i sindacati hanno deciso di dimezzare il numero dei veicoli garantendo allo stesso tempo il servizio».

I dati negativi

Nell’arco del coprifuoco, però, i dati negativi sulle corse sono evidenti. I motivi di necessità vanno in ogni caso tutelati, perciò la cooperativa si è attrezzata: «Il coprifuoco ha evidentemente comportato un picco negativo di corse. Attraverso una rotazione dei turni, tutti i tassisti hanno comunque presidiato i posteggi e garantito le corse relative a servizi su guardia medica o ospedali».

Il buco economico

È evidente come un buco economico del genere dovesse essere sanato dallo Stato, che ha previsto ristori anche per questa categoria di lavoratori, ma purtroppo non a sufficienza. Una situazione che ha destato incomprensioni. «I tassisti come lavoratori hanno ricevuto ristori non sufficienti – spiega ancora Aimone -, come peraltro è successo a molte altre categorie. Quello che è meno comprensibile è che da mesi esistono oltre 1,5 milioni di fondi specifici per “buoni taxi” già versati dal governo alle istituzioni locali e che non si trova il modo per metterli a disposizione dei tassisti e delle categorie di cittadini che ne trarrebbero vantaggi».

Le responsabilità

Il presidente di Taxi Torino denuncia le responsabilità che cadrebbero dunque sulle istituzioni locali, che con questa mancanza colpiscono, indirettamente, anche una fascia di popolazione che dovrebbe invece essere protetta.
«Sono a tutti gli effetti fondi che dovrebbero agevolare l’utilizzo dei taxi da parte di persone con problemi di deambulazione, persone che debbano recarsi ai centri vaccinali o altre categorie protette. Non si capisce la difficoltà – conclude Aimone – nello sbloccare tali risorse in tutti questi mesi».