Giganti web, nani delle tasse. In Italia guadagnano 2,4 miliardi, ma versano 64 milioni

quotidiano.net Colossi sul web, piccoli imprenditori per il fisco. Per carità, nulla di illegale. I big di Internet, da Google a Facebook , sono ufficialmente in regola con le norme fiscali. Almeno fino al 2020, quando entrerà in vigore la web tax, inserita nella Finanziaria. Quando scatterà, le tasse che pesano sui giganti della Rete potrebbero addirittura decuplicare, passando dalle attuali briciole, poco più di 64 milioni, a oltre 500 milioni di euro. Un bel balzo, anche a livello europeo. 

Solo la Francia, fino ad ora, ha osato sfidare le sette ’web-soft’ mondiali. Incassando l’ira di Trump. I colossi di internet sono finiti anche nel mirino della nuova commissione Europea. Il commissario agli Affari Monetari, Paolo Gentiloni, non ha dubbi: “Serve una tassazione più giusta su queste multinazionali”. A fare i conti in tasca a questi colossi ci hanno pensato gli analisti R&S di Mediobanca. Nel 2020, hanno versato nelle casse dell’erario italiane appena 64 milioni. E il conto sale a 76 se si includono i 12,5 di tasse pagati da Apple, non inclusa nel campione di Mediobanca. In particolare, Amazon ha pagato 6 milioni, Microsoft 16,5, Google 4,7, Oracle 3,2, Facebook 1,7, Uber appena 153mila euro e la cinese Alibaba 20mila.

Eppure, hanno registrato un fatturato che supera i 2,4 miliardi a fronte di quasi 10mila occupati. Il segreto? Semplice: hanno sede nei cosiddetti paradisi fiscali , isole Cayman in testa. Scelte che valgono oro se si pensa che nel 2018, hanno pagato tasse per 17 miliardi risparmiandone 5 per aver scelto Paesi a fiscalità agevolata, 1,3 con la riforma fiscale targata Trump e 6,3 miliardi per i crediti fiscali relativi alla ricerca. Il vizietto di ‘eludere’ il fisco alimenta, inoltre, quel tesoro di liquidità che consente alle websoft di crescere e fare shopping di startup: 507 miliardi di euro, più o meno la metà del Pil italiano.

Con la web-tax prevista nella manovra, questi giganti dovranno saldare le tasse nel Paese in cui si realizza il fatturato. Una svolta che dovrebbe far salire gli incassi dell’erario dai 74 ai 500 milioni. Una vera e propria boccata d’ossigeno per il governo, che sta cercando di riscrivere la finanziaria evitando nuovi balzelli. Martedì è toccato alla plastic tax (dimezzata) e alle auto aziendali (imposte a gettito zero). Ma sul tappeto ci sono ancora altri nodi. A cominciare dalla cosiddetta tampon tax : ieri con lo slogan “il ciclo non è un lusso”, diverse deputate, insieme con Laura Boldrini, hanno girato un video davanti alla ‘panchina rossa’ di Montecitorio per chiedere una drastica riduzione delle imposte sugli assorbenti, dal 22 al 10%. Per farlo occorre però trovare non meno di 120 milioni. Slitta, invece, la lotteria degli scontrini.


Un commento

  1. Questa è l’equità del fisco. Oltre a sfruttare i lavoratori non pagano le giuste tasse. Che bella la gig economy!

I commenti sono chiusi.