Uber perde licenza per operare a Londra

ansa.it Londra diventa off limits per Uber, popolare colosso americano dei taxi online. Lo hanno stabilito, salvo ricorsi, le autorità municipali della capitale britannica, annunciando – dopo mesi di braccio di ferro – d’aver negato il rinnovo della licenza all’azienda, accusata di non aver posto rimedio a “diverse violazioni” delle regole locali che le erano state contestate in passato e che secondo il Comune mettono a rischio “i passeggeri e la loro sicurezza”. La decisione ha scatenato un mezzo putiferio, anche a livello politico sullo sfondo delle elezioni britanniche del 12 dicembre prossimo. Uber ha respinto le imputazioni e farà appello in tribunale: ha 21 giorni per formalizzarlo e frattanto potrà continuare a operare, ma le sue azioni perdono già terreno in Borsa.

Transport for London, l’agenzia comunale dei trasporti, aveva sospeso un prima volta la licenza nel 2017, ma concedendo poi due proroghe, l’ultima scaduta ieri. Fino al provvedimento odierno, motivato con la mancata risposta almeno a una parte delle negligenze indicate nell’ambito del conflitto legale innescatosi due anni fa, dopo l’elezione a sindaco del laburista Sadiq Khan al posto del conservatore (e attuale primo ministro del Regno) Boris Johnson. Severo l’atto d’accusa di Tfl, che ha denunciato il modus operandi dell’app come tuttora “non adeguato né corretto” rispetto alla normativa vigente in materia di salvaguardia della clientela, oltre che di tutela del lavoro.

“È inaccettabile che Uber abbia permesso ai passeggeri di viaggiare su veicoli con autisti che erano potenzialmente non autorizzati e non assicurati”, ha tuonato Helen Chapman, direttrice dell’area licenze e regolazioni dell’authority, facendo riferimento al sospetto che nella app siano state inserite delle false identità. Uber – che allinea 45.000 vetture a Londra, con un utenza stimata in oltre 3 milioni e mezzo di passeggeri, e che dopo la prima sospensione aveva assunto una serie d’impegni nella direzione delle richieste della autorità, oltre a sostituire il suo top management britannico – ha replicato bollando la decisione del Municipio come “incredibile e sbagliata”. Sul fronte politico, sostegno al Comune arriva dal partito di Khan. “Le tecnologie innovative hanno un ruolo importante da giocare nel nostro sistema dei trasporti – ha commentato il ministro ombra laburista Andy McDonald – ma mettere a repentaglio i passeggeri, eludere le tasse e scatenare un crisi al ribasso dei salari non è un prezzo degno d’essere pagato”.

Al contrario, lo stop ha irritato il governo Tory di Johnson e una parte della comunità d’affari, in un Paese in cui i trasporti alternativi ai vecchi monopoli – a Londra gli storici ‘black cab’ – si sono in effetti moltiplicati in questi anni, con vari altri attori emersi sulla scia di Uber; ma dove i tassisti dove ‘tradizionali’ continuano pure a esercitare pressioni. Jasmine Whitbread, dell’organizzazione imprenditoriale London First, ha parlato di “un colpo inferto a milioni di londinesi e visitatori che contano su Uber per girare” per la città e magari risparmiare. “I servizi di trasporto on-demand – ha incalzato – sono una realtà ormai incancellabile, che ha avuto un boom a Londra”. “E’ un giorno nero per la concorrenza e il progresso nel Regno Unito”, le ha fatto eco Shanker Singham, direttore dell’Institute of Economic Affairs, un think tank liberista. Mentre più cauta è stata la reazione di Matthew Fell, della Confindustria britannica, che ha evocato “la popolarità di Uber” come una testimonianza del valore che il pubblico attribuisce “all’offerta delle tecnologie innovative”, riconoscendo tuttavia il diritto di Tfl di avere garanzie “sulla sicurezza” dei trasporti. E ha invitato entrambe parti a riprendere “la strada del dialogo”: affinché l’azienda possa adeguarsi ai “cambiamenti richiesti”, ma al contempo gli utenti “continuino a godere a lungo termine di un servizio in più”.