Taxi a Milano, l’evoluzione della specie

indiscreto.info L’evoluzione della specie tocca tutti, anche i taxi e i taxisti. Leggende metropolitane, nel vero senso della parola, che fanno parte della nostra quotidianità. A maggior ragione a Milano e in altre grandi città, dove il minor numero di auto di proprietà viene bilanciato dal maggior uso di mezzi pubblici, auto in sharing e appunto taxi.

Le oltre 5.300 auto bianche che coprono un’area sempre più vasta rappresentano una delle risorse dell’ex (o è rimasta in fondo la stessa?) città da bere. I taxi sono ormai vere e proprie aziende, spesso a conduzione familiare, dove una sola auto viene condotta dai più persone alternandosi al volante: marito, moglie, uno o due figli.

Questo salto di qualità ha consentito anche il conseguente miglioramento del servizio. A partire dall’efficienza, dalla longevità e dalla cura del taxi. I driver milanesi sono stati i primi a credere nell’ibrido a discapito del sempre meno attuale diesel. Toyota ha fatto e sta facendo ancora oggi la parte del leone nella rivoluzione, delle ex-auto gialle. Quindi il parco auto è di primissimo livello, come dimostrano gran parte dei taxisti, ormai veri e propri imprenditori a 360 gradi.

I taxi driver milanesi hanno negli ultimi tempi migliorato non solo i loro mezzi, ma anche usi e costumi. Spesso e volentieri, però, si imbattono in pregiudizi e atteggiamenti controversi, molto ideologici e poco vicini alla realtà. C’è chi, in una città frenetica come Milano, pensa che un taxista stia a speculare su semafori, velocità, itinerari più o meno fasulli. Ma quarant’anni di giornalismo e quindi di taxi presi in tutto il mondo ci hanno fatto apprezzare l’onestà di quelli milanesi. Spesso il cosiddetto forestiero non tradisce le sue origini (la foresta…), nel senso che pretende di giudicare Milano con lo stesso metro di casa sua.

Non sapendo che la città si evolve in continuazione, cambiando aspetto nei minimi dettagli, in tutti i quartieri. Fra Ztl (Zona a traffico limitato), Area C, Area B, corsie preferenziali e varie alchimie per arginare il traffico privato, il taxista cerca di ottimizzare costi e tempistiche. Perchè con 4 aeroporti a breve-medio raggio (Linate, Malpensa, Orio al Serio e Lugano…) e circa 2-3 milioni di visitatori (per lavoro e turismo) che popolano la città per 365 giorni all’anno il lavoro non può certo mancare. In questo senso il lamento del taxista milanese è ingiustificato, perché mai come adesso la città è stata piena di persone di passaggio.

Una situazione paradossale si viene a creare quando una cliente incrocia una… taxista. Unito nel combattere il sessismo più becero e ingiustificato, il gentil sesso talvolta inciampa in gaffe decisamente clamorose. Stando alle testimonianze da noi raccolte, un campione davvero significativo, l’antipatia (unilaterale) si innesca fin dal momento in cui la cliente sale in auto. L’esortazione ad avviare il tassametro è fin troppo esplicita. Indicazioni del tragitto e relativi ammonimenti si fanno incalzanti, arroganti, senza senso. Eppure le taxiste sono più evolute rispetto ai colleghi maschi. La loro è una scelta dettata da necessità ben precise, spesso derivate dalla perdita del lavoro e dalla necessità di contribuire alla vita della famiglia e alla crescita dei figli: per loro guidare i taxi non è quasi mai uno stile di vita, come per molti taxisti maschi, ma un lavoro come gli altri. Insopportabile quindi l’aggressività della clientela femminile.

Fra i tanti luoghi comuni che hanno alimentato le maldicenze sui taxisti milanesi ci sono ipotesi sicuramente spericolate. Ad esempio da una recente indagine sembra che il 10 per cento delle 33.000 chiamate giornaliere resti inevaso. L’efficienza del servizio viene garantito da 3 sigle storiche (02/8585, 02/6767, 02/4040) che hanno moderni e affidabili sistemi di ricerca automatica. In realtà la denuncia di un servizio insufficiente non ha fondamenti del tutto concreti. Innanzitutto la maggior parte dei «pacchi» coincide con i lunghi week-end serali milanesi
dove la clientela è a rischio. Da discoteche e locali notturni si presentano individui non proprio selezionati. Le condizioni psico-fisiche di taluni dopo una serata «milanese» sono a dir poco approssimative. Ecco che, prudentemente, a certe chiamate è meglio non rispondere… La clientela in questione, ovviamente, non si limita a chiamare il taxi una sola volta. Spesso insiste perlustrando su tutte le linee disponibili. Incidendo su quel famoso 10 per cento.

«Le chiamate a vuoto (i cosidetti «pacchi») incidono quindi notevolmente su una giornata-tipo del taxista milanese. Su 10-15 corse si rischia di essere «paccati» anche 2-3 volte. Così non va bene. Anche perchè non si fa altro che rendere più complicato il servizio e la circolazione in città. Quindi anche le 500 licenze già preparate dal Comune di Milano (100.000 euro il costo cadauna) per fronteggiare questa presunta crisi a nostro giudizio non sembrano così indispensabili. Poi qualche giornalista, magari di quelli che non sono mai usciti da Milano, aspetta in un’ora di punta 5 minuti il taxi in stazione e poi verga un virulento editoriale pro Uber, ma la realtà dei taxi milanesi è di primo livello. E noi lo scriviamo pur non essendo parte in causa, se non come clienti paganti.



2 commenti

  1. lo sanno tutti che 4 persone chiamano un numero diverso il primo che arriva carica e altri 3 nto culo questa e una abitudine dei ragazzotti ubriachi e non specialmente il fine settimana,non proverei meraviglia se le cosi dette licenze venissero assegnate a qualche pro loco californiana

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