La bolla delle licenze dei taxi a New York

Fino a qualche anno fa potevano costare un milione di dollari, anche a causa delle speculazioni di chi concedeva prestiti, ma ora i prezzi sono crollati e centinaia di persone sono andate in bancarotta ilpost.it

Un’inchiesta in due parti pubblicata a fine maggio sul New York Times ha rivelato l’esistenza di una bolla speculativa intorno al mercato delle licenze per guidare i taxi a New York, che ha ridotto centinaia di persone in bancarotta e altre migliaia in gravi difficoltà economiche. Tra il 2002 e il 2014 il costo di una licenza è passato da 200mila a oltre 1 milione di dollari, un prezzo in molti casi gonfiato di proposito dalle società che vendevano le licenze, che concedevano prestiti anche a chi non se li sarebbe potuti permettere, ma con interessi altissimi.

La bolla ha retto in qualche modo finché nel mercato dei taxi di New York non c’è stata concorrenza, ma da quando i servizi di noleggio con autista – come Uber e Lyft – hanno iniziato a diventare sempre più popolari in città, i guadagni dei tassisti sono notevolmente diminuiti, impedendo loro di riuscire a ripagare i debiti contratti per avere la licenza. Di conseguenza sono crollati anche i prezzi delle nuove licenze, che oggi oscillano tra i 160mila e i 250mila dollari.

Come si è arrivati a questo punto
Le licenze dei taxi di New York sono state introdotte per la prima volta nel 1937, per contrastare la diffusione di taxi illegali per le strade. Ne furono introdotte 12mila, di cui solo la metà venduta singolarmente ai tassisti che avrebbero poi guidato i veicoli. Alcuni imprenditori acquistarono le restanti licenze e crearono delle società di taxi, spesso a gestione familiare. I tassisti che lavoravano per queste società spesso ricevevano paghe molto basse, e quello che mettevano da parte lo usavano per potersi permettere un giorno di comprare una propria licenza. Fino al 1996, inoltre, New York non ha messo in vendita nuove licenze, e il prezzo di queste è cresciuto molto lentamente (il New York Times scrive che per una licenza nel 1985 si pagavano 100mila dollari, e nel 1997 200mila dollari). La stabilità del valore delle licenze rendeva il lavoro di tassista un’attività sicura in cui investire.

Tutto è iniziato a cambiare nei primi anni del Duemila, quando alcune delle società che avevano le licenze dei taxi hanno iniziato a venderne molte più di prima, chiedendo un piccolo anticipo (o anche nessun anticipo), con prestiti a tassi molto alti. Questo ha permesso alle società di vendere molte più licenze, soprattutto a persone con un basso reddito che prima non se le sarebbero potute permettere. In molti casi, ha scoperto il New York Times, queste società convincevano anche chi aveva già contratto un debito per una licenza a fare un rifinanziamento, che poteva sembrare molto vantaggioso ma che in realtà comportava tassi impossibili da sostenere.

Il rischio per queste società era molto alto, ma i guadagni anche. Il primo a farlo, scrive il New York Times, è stato Andrew Murstein, il cui nonno aveva comprato alcune delle prime licenze messe in vendita dalla città di New York, e poi fondato una piccola società di taxi. Dopo Murstein molti altri imprenditori colsero le potenzialità di una speculazione di tale portata sulle licenze dei taxi, e gran parte delle maggiori società che offrivano prestiti per ottenere licenze iniziarono a seguire il suo esempio.

Cosa farà la città di New York
Dopo la pubblicazione dell’inchiesta del New York Times, il procuratore generale di New York, Letitia James, ha aperto un’inchiesta sull’attività delle società che vendono licenze; anche il sindaco della città, Bill de Blasio, ha chiesto l’apertura di un’indagine interna. Inoltre mercoledì 12 giugno Corey Johnson, presidente del Consiglio comunale cittadino, ha annunciato una serie di misure che dovranno impedire che una situazione del genere accada di nuovo, e ha anche detto che nelle prossime settimane il Consiglio valuterà il ruolo avuto dalla città nella crisi del mercato delle licenze. «È chiaro che serve un’azione legislativa per proteggere i proprietari delle licenze e i tassisti dagli sfruttatori, compresi quelli che concedono crediti, gli intermediari e quelli che gestiscono le società di taxi», ha detto Johnson.

Una delle misure prevede che la Taxi and Limousine Commission, l’organo preposto alla regolamentazione delle licenze nella città, controlli le risorse finanziarie di chi vuole acquistare una licenza, e che blocchi la vendita nel caso di mutui difficilmente estinguibili. La città intende proibire alle banche anche la possibilità di rilevare la licenza – o mettere altri loro beni sotto ipoteca – ai tassisti che non si dimostrano in grado di ripagare il proprio prestito.

Inoltre la Taxi and Limousine Commission dovrà istituire un ufficio che si occupi di monitorare lo stato di tutto il settore, che raccolga le testimonianze di chi ha una licenza e che indaghi sull’integrità di chi le vende. Molti membri del Consiglio, scrive il New York Times, si sono detti d’accordo con le misure proposte, ma hanno chiesto che ne vengano introdotte delle altre per aiutare i tassisti in difficoltà economiche e salvarli dagli enormi debiti che non riescono a ripagare.

Anche il sindaco Bill de Blasio ha annunciato che andrà incontro ai 13.500 tassisti provvisti di licenza esentandoli dal pagamento dei 1.100 dollari di tasse annuali che dovrebbero pagare quest’anno o il prossimo alla Taxi and Limousine Commission. Il Consiglio ha chiesto che questo provvedimento diventi permanente. Inoltre de Blasio ha anche deciso di estendere di un altro anno il blocco alla concessione di nuove licenze per i servizi di noleggio con autista, introdotto la scorsa estate. Alix Anfang, portavoce di Uber, la più importante tra le aziende che offrono questi servizi, ha criticato la scelta di de Blasio, sostenendo che il blocco non farà altro che creare un nuovo sistema di vendita di licenze, proprio come quello che ha generato la crisi del mercato dei taxi.


2 commenti

  1. Uber mi fa morire, non appena qualcuno li vuole regolamentare appena appena il settore, hanno sempre qualcosa da dire.

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