Tassista batte robotaxi: nella guida autonoma i conti non tornano ancora

repubblica.it Marx (Karl) aveva ragione: senza lavoratori da sfruttare, il capitalista non guadagna. O, per dirla in altro modo, è difficile sfruttare un robot. E’ la inattesa conclusione, a cui arriva uno studio del Mit (gli autori sono Ashley Nunes e Kristen Hernandez), dedicato a quello che molti assicurano essere una delle grandi promesse del futuro: i robotaxi, ovvero i taxi senza guidatore.

Solo i più spavaldi visionari, in Italia, pensano ad un traffico di auto senza guidatori. Tuttavia, anche negli Usa, in una situazione urbanistica e stradale assai meno tortuosa, l’idea sembra ancora azzardata. Questo non impedisce che fiumi di denaro affluiscano a chi se ne occupa. E’ un’altra regola del capitalismo. In fondo, Uber, il gigante globale dell’”altro taxi”, sta per andare in Borsa a quotazioni record, nonostante abbia finora perso 10 miliardi di dollari, di cui 2,1 l’anno scorso, non abbia mai fatto profitti e non si sa se e come possa farli.

Uber sbarca il lunario, pagando giorno dopo giorno i suoi costi, grazie non al fatturato, ma ai soldi  che ci mettono gli investitori, pronti a scommettere su futuri – eventuali – profitti, pur di non restar fuori da quello che potrebbe essere un altro mega boom, tipo smartphone o pc. Anche se rischiano di far la fine di Will Coyote e di accorgersi troppo tardi di camminare sul vuoto. Accade lo stesso con i petrolieri dello shale oil, che inondano di greggio il mercato mondiale, ma continuano ad avere un cash flow negativo. In questo quadro, non stupisce che la stessa Uber, la sua concorrente Lyft, un gigante come Google stiano investendo centinaia di milioni di dollari su esperimenti di guida autonoma.

Il problema, dicono i ricercatori del Mit, è che i conti non tornano. Cifre alla mano, anche mettendo nel piatto progressi tecnologici, come l’intelligenza artificiale, usare un’auto propria, o con un tassista alla guida, costa meno. Mettendo insieme bolli, licenze, manutenzione, carburante, assicurazione, usare l’auto propria, dicono Nunes e Hernandez, costa 44 centesimi di dollari a chilometro. Il robotaxi costa una cifra che è come minimo il doppio (98 centesimi), ma può arrivare anche a 3,73 dollari. Perché la differenza? In primo luogo, perché il costo di un’auto propria sconta un utilizzo al 100 per cento (niente benzina se la macchina sta in garage). Il tasso di occupazione di un taxi, ad esempio a San Francisco, è, invece, del 52 per cento.

Ma le normali aziende di taxi, a San Francisco, guadagnano. Come fanno? Scaricando parte dei costi sui tassisti, che pagano una quota fissa, in cambio del leasing dell’auto che usano. Questi soldi arrivano all’azienda, indipendentemente dal fatto che il taxi abbia o no un cliente a bordo, e vengono utilizzati per pagare i costi fissi. Ma in un’azienda di robotaxi , il guidatore è la stessa azienda. Che, dunque, o assorbe quel costo, limitando il profitto, o lo scarica sul cliente, aumentando la tariffa.

La situazione si complica perché, rispetto ad un’azienda convenzionale, il robotaxi ha costi fissi più alti. Perché il robot non è mai solo. Il servizio richiede, ad esempio, una supervisione umana, che costa: salario, ufficio, attrezzatura. Quanto? Lo studio del Mit calcola fra 21 centesimi di dollaro a 1,46 dollari a chilometro. Dipende da quanti taxi monitora il supervisore. Nunes e Hernandez avvertono, però, che, oltre i 10 taxi, i risparmi si fanno infinitesimali. Di fatto, solo con una utilizzazione del taxi vicina al 100 per cento, 24 ore su 24, e accettando una limitazione dei profitti del 37 per cento, rispetto a quelli di un taxi normale, un robotaxi arriva alla parità di costo.

Si rischia di stare all’osso: il margine di profitto su un taxi convenzionale, a San Francisco, è l’8 per cento. Perché un investitore dovrebbe accontentarsi di un margine di profitto del 5 per cento, pur di puntare sul robotaxi, invece di prendersi l’8 per cento investendo su un’azienda tradizionale? Perché i gonzi non mancano mai, si potrebbe rispondere. Oppure, perché il progresso ha bisogno di visionari.


Un commento

  1. Ca22o, ma deve dirlo il Mit?!
    Basta che vai in Centrale e parli con gli umani che guidano le auto bianche.

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