Sergio, 59 anni e la sua seconda vita a Milano con il taxi a «sei ruote»

Rimasto senza lavoro, voleva trovarne uno da svolgere con il figlio e soprattutto che fosse socialmente utile. Ecco che cosa si è inventato corriere.it

Un lavoro da inventarsi a cinquanta anni, il desiderio di svolgerlo con il figlio, e soprattutto la voglia di fare qualcosa di socialmente utile per le persone che non possono utilizzare i mezzi di trasporto pubblici come tutti gli altri. Quando si alza il portellone della Peugeot Partner Tepee di Sergio C, 59enne milanese, entrano tutte queste motivazioni e soprattutto le tante storie dei portatori di handicap che questo tassista rimasto praticamente a piedi dopo avere svolto per trenta anni la professione di autotrasportatore per le aziende distributrici di prodotti farmaceutici ha fortemente voluto per dare un senso nuovo alla propria vita, donare l’opportunità al figlio Filippo, allora venticinquenne, di iniziare una carriera e aiutare il prossimo. 

Grazie a un bando del Comune di Milano che ha messo a disposizione la cifra necessaria, circa dieci mila euro, allo scopo di attrezzare il veicolo al trasporto di persone in carrozzina, C. ha acquistato la licenza e ora opera con Taxi Blu 4040. La sua vettura è un romanzo che si muove con sei ruote, le quattro normali sulla strada e le due della sedia a rotelle ospitata nella pancia. «Penso che ci voglia sensibilità e tanta gentilezza – racconta mentre mostra come funziona il sistema basculante che fa scendere una pedana dal baule per caricare elettricamente o autonomamente la carrozzina senza toccare il passeggero – per svolgere questo servizio che meriterebbe di essere maggiormente pubblicizzato affinché tanti che ne hanno bisogno possano usufruirne. Anche se il tempo di una corsa è limitato e nonostante non si possa dare il nostro numero di telefono personale allo scopo di farci richiamare, si crea subito, infatti, una relazione interpersonale molto stretta che vale molto più della tariffa per la corsa».

C. è uno dei quaranta tassisti di Milano a fornire questo servizio, il cui costo è quello normale determinato dal tassametro, che scatta a partire dal momento della chiamata: «Siamo pochi e questo fa sì che se siamo distanti geograficamente, il prezzo si alzi, però io cerco di considerare sempre la situazione della persona che porto e se qualcuno è in difficoltà applico autonomamente degli sconti – prosegue Sergio – tanto non sono quei pochi euro a cambiarmi la vita, mentre io posso invece aiutare tanto la persona con handicap, per esempio per raggiungere l’ospedale o andare in un ufficio pubblico. Queste persone incontrano già tante difficoltà, basti pensare alle barriere architettoniche che impediscono loro di scendere in metropolitana perché le scale mobili non sono funzionanti o manca l’ascensore. È giusto aiutarle, è etico».

Ora il figlio Filippo è partito per un’esperienza in Germania, e ad aiutare C. c’è Vincenzo col quale spezza la giornata in due turni di 12 ore (???). Insieme si dividono le tante vicende di vita di cui sono trasportatori e ascoltatori: «I clienti ci raccontano di come hanno perso l’uso degli arti. Un ragazzo, che casualmente ho ritrovato sulla Peugeot, cadde in montagna – ricorda Sergio – e non fu più in grado di camminare; al secondo viaggio mi commosse per la felicità che mostrava nel narrare i progressi che aveva fatto registrare nella deambulazione. Ti senti bene accorgendo di poter aiutare col tuo lavoro. Ci vorrebbero tanti taxi come il mio e che le persone conoscessero questo servizio che noi svolgiamo col cuore aperto». Ecco il messaggio lanciato dal taxi con licenza 348, una vettura pesante, poco maneggevole, lontana dai performanti modelli contemporanei ma vicina ai bisogni di chi viaggia più lento con le ruote sotto la seggiola.