Dall’auto di proprietà al car sharing: una tendenza che contagia l’Europa

today.it Gli abitanti delle grandi città stanno diventando sempre più inclini allo sharing rispetto al possesso di un’auto di proprietà. Come riportaAutomotiveNews Europa, il numero dei tedeschi sotto i 25 anni che ha preso la patente è calato del 28% negli ultimi dieci anni e dati simili sono riscontrabili nella maggior parte degli altri paesi con economie sviluppate. È una fase interlocutoria per l’industria automobilistica che sin dall’invenzione delle prime vetture aveva potuto contare sul desiderio di possederne una e sul suo utilizzo quotidiano. Con l’avvento e la diffusione del car sharing, dei veicoli elettrici e di quelli a guida autonoma, i costruttori di automobili hanno oggi l’urgenza di reinventarsi in compagnie che offrono servizi di mobilità per sopravvivere. 

Non ci si deve meravigliare, dunque, se un colosso del settore automobilistico come Daimler abbia comprato delle partecipazioni di CleverShuttle, azienda che ha iniziato ad operare nel 2016. Il servizio utilizza un’applicazione molto simile ad Uber per mettere in contatto persone in cerca di un passaggio con altri nelle vicinanze. Nelle cinque città tedesche in cui funziona gli utenti sono raddoppiati a partire da gennaio fino a raggiungere i 650000.

Mercato auto destinato alla flessione
Guardando avanti di 5 anni è facile ipotizzare come la diffusione di questi servizi possa causare un crollo delle vendite nel settore automobilistico, rendendo i costruttori vulnerabili qualora non provvedano a trovare un modo di aumentare i propri introiti. E’ questo il parere dello studio di consulenza Berylls Strategy Advisors di Monaco di Baviera, che prevede inoltre come attorno al 2030 negli Stati Uniti, dove l’incremento degli utenti dediti allo sharing è tra i più consistenti, la vendita totale di automobili di proprietà subirà un calo del 12% fino ad arrivare a 15,1 milioni di auto vendute. Secondo i consulenti dello studio bavarese “sarà la prima volta che i costruttori di auto saranno costretti a fare i conti con un declino strutturale e non dovuto a fattori temporanei come la recessione economica”.

Il car sharing: conveniente per chi lo usa, non per chi lo gestisce
Il problema per i costruttori non è così semplice da risolvere poiché, rimpiazzare le vendite di auto con i proventi dell’erogazione di servizi di mobilità potrebbe non bastare. Colossi tedeschi come BMW, Daimler e Volkswagen hanno investito centinaia di milioni di euro in servizi di car-sharing ma ciò non gli è servito per raggiungere neanche il pareggio di bilancio (un esempio è costituito da DriveNow di BMW, lanciato nel 2011 che può contare su oltre 6000 BMW e Mini in 13 città europee, dopo 7 anni è ancora in perdita e costituisce solo lo 0,07 % delle vendite dell’azienda). Oltre al costo di costituire una flotta grande abbastanza da servire i clienti di una città, infatti, vanno aggiunti i costi di manutenzione delle auto e di aggiornamento dei software.

Mobilità: un giro d’affari da 200 miliardi di euro
Si stima che il settore dell’offerta di servizi di mobilità possa arrivare a valere 200 miliardi di euro entro il 2040 e uno studio di BMW rivela come nei prossimi dieci anni una vettura destinata al car-sharing prenderà il posto di tre veicoli privati. Se i costruttori d’auto non vogliono essere completamente annientati da compagnie come Uber e Lyft devono reinventarsi con una certa rapidità. Si stima che il valore complessivo di Uber e del suo antagonista cinese DiDi Chuxing si aggiri sui 124 miliardi di dollari, una cifra di poco inferiore al valore di mercato combinato di BMW e Daimler.

La posta in gioco è così alta che BMW ha fuso il suo servizio DriveNow con car2go dell’acerrimo rivale Daimler lo scorso marzo. L’obiettivo condiviso è di costituire un hub unico in cui le persone possono fare di tutto dal chiamare un taxi a localizzare parcheggi liberi e trovare colonnine di ricarica per le auto elettriche.


Un commento

  1. Ovvio. Non stanno nei costi. E forse nemmeno più avanti se non alzano i prezzi e non affiancano altri servizi. Certo che se poi il gioco è quello di inibire l’acquisto dell’auto privata per favorire solo lo sharing forse ci staranno dentro…forse!

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