Uber: i tassisti londinesi vogliono un maxi rimborso

La compagnia dei taxi condivisi ha ammesso tutti i suoi errori e ha ottenuto di nuovo la licenza a Londra, ma i tassisti vogliono pagati i danni.

autoblog.it Uno spiraglio di sole ma enormi nuvole all’orizzonte per Uber a Londra e no, non dipende dal ben noto clima londinese. La società dei taxi condivisi ha ottenuto, il mese scorso, nuovamente la sua licenza per operare nella capitale del Regno Unito ma il modo in cui l’ha ottenuta, paradossalmente, potrebbe costarle 1,25 miliardi di sterline. Con ordine: per essere riammessa tra le compagnie di taxi autorizzate a Londra, Uber ha dovuto ammettere in tribunale tutti i suoi errori. 

Si è cosparsa il capo di cenere e ha ammesso di aver usato pratiche scorrette nei confronti dei concorrenti, di non essere stata in grado di garantire la sicurezza dei suoi passeggeri e di non essere riuscita ad evitare che i suoi tassisti operassero in zone non consentite. Ha ammesso tutti questi errori e ha anche detto pubblicamente di averli commessi per cinque anni consecutivi, prima che arrivassero i nuovi dirigenti a mettere a posto le cose. La nuova Uber, ha accertato il tribunale londinese, è oggi in regola con tutti i requisiti e può operare.

Il problema sono i cinque anni precedenti. Come riporta The Guardian, infatti, la Licensed Taxi Drivers’ Association di Londra sta pensando di chiedere un maxi risarcimento per tutti i soldi persi dai suoi tassisti associati durante quel quinquennio. L’idea è la seguente: hai ammesso di non essere stato in regola per 5 anni, ora paghi i danni causati in quei 5 anni. Di che cifre parliamo? L’associazione stima una perdita media di 10.000 sterline l’anno per ognuno dei 25.000 tassisti londinesi non associati a Uber. Che fa 250 milioni di sterline l’anno, cioè 1,25 miliardi per il lustro infame.

Come se non bastasse, altri guai sono in arrivo per Uber da oltreoceano: come riporta il giornale online americano Engadget, infatti, la New York State Unemployment Insurance Appeal Board (una sorta di corte a cui puoi appellarti se il tuo datore di lavoro non ti paga i contributi o compie altre irregolarità simili) ha riconosciuto lo status di dipendenti (almeno in fatto di contributi per la disoccupazione) a tre ex tassisti di Uber. In seguito alla decisione della Corte (che la società può comunque appellare) Uber sarà tenuta a versare i contributi per l’assicurazione contro la disoccupazione non solo a questi tre ex autisti, ma anche a tutti i tassisti che licenzierà d’ora in avanti. Nella sola città di New York i tassisti “potenzialmente dipendenti” di Uber sono 65 mila.

Tornando nel Vecchio Continente, nella ben più piccola Zurigo, è successo quasi l’opposto: come riporta Ticino Online, in una vertenza che contrappone la Cassa nazionale dell´assicurazione infortuni svizzera (SUVA) ad Uber, il Tribunale delle assicurazioni sociali di Zurigo ha dato parzialmente ragione alla società. Parzialmente perché non è chiaro ed accertato che gli autisti abbiano un rapporto contrattuale con la filiale Uber Switzerland GmbH, visto che tutti i contratti e le transazioni di denaro tra Uber e i suoi autisti vengono effettuati Uber B.V. e Rasier Operations B.V., entrambe società di diritto olandese.