La cessione della licenza taxi genera plusvalenza tassabile

eutekne.info Con la sentenza n. 23143 di ieri è finalmente giunta l’attesa decisione della Cassazione sulla tassabilità, ai fini IRPEF, della plusvalenza derivante dal trasferimento della licenza taxi: secondo i giudici di legittimità, infatti, si tratta di una cessione d’azienda, che genera plusvalenza tassabile ai fini dell’IRPEF.

In passato la Suprema Corte ha più volte affrontato la questione, ma gli arresti in materia hanno riguardato per lo più le modalità di accertamento induttivo, ovvero di determinazione del valore della plusvalenza, nonché la mancata allegazione della documentazione richiamata nell’atto impositivo: in particolare, è stato confermato l’annullamento di accertamenti che si limitavano ad affermare l’omessa indicazione di una plusvalenza derivante dalla cessione della licenza di taxi, senza precisare a quale ipotesi di redditi diversi fosse riconducibile, senza qualificare l’oggetto del negozio e senza specificare la natura, autonoma o subordinata, dell’attività del contribuente (cfr., tra le altre, Cass. nn. 5333/2015 20763/2014).

La giurisprudenza di merito, invece, si è spaccata sulla possibile qualificazione del trasferimento della licenza taxi come cessione d’azienda, con conseguente insorgenza di plusvalenza tassabile ai fini IRPEF (a favore: C.T. Reg. di Roma n.  603/14/12; contra: C.T. Prov. di Milano n. 1886/8/15).

La Cassazione, con la sentenza di ieri, ha stabilito che la licenza taxi è un bene strumentale di natura immateriale, che finisce col cartolarizzare l’azienda (del tassista-imprenditore), diventando presupposto strutturale ed elemento qualificante dell’esercizio dell’attività.

Tale licenza soggiace a un regime giuridico speciale, che, per espressa previsione dell’art. 9 della L. 21/1992, ne consente il trasferimento, su richiesta del titolare, a persona dallo stesso designata (purché iscritta nell’apposito ruolo e in possesso dei requisiti previsti), qualora il titolare stesso si trovi in almeno una delle seguenti condizioni: sia titolare di licenza o di autorizzazione da cinque anni; abbia raggiunto il sessantesimo anno di età; sia divenuto permanentemente inabile o inidoneo al servizio per malattia, infortunio o per ritiro definitivo della patente di guida.

Nel caso di specie, il trasferimento della licenza taxi era avvenuto a causa dello stato di salute invalidante del contribuente, che questi aveva anzi addotto come prova della gratuità del trasferimento in oggetto. Per i giudici di legittimità, invece, detto stato di salute invalidante era proprio il presupposto per la trasferibilità della licenza, da richiedersi alla competente autorità comunale per rilasciare la licenza alla persona designata dal cedente (c.d. volturazione) nelle ipotesi previste dal citato art. 9.

Tale cessione – ha proseguito la Cassazione –, inserita in un contesto caratterizzato dal limitato numero di licenze rilasciate dai Comuni e riguardando un bene essenziale all’esercizio dell’attività imprenditoriale (del tassista), deve ritenersi onerosa, in quanto rientrante tra i beni relativi all’impresa, il cui trasferimento realizza quindi una plusvalenza che concorre alla formazione del reddito, costituendo peraltro fatto notorio l’esistenza di un vero e proprio mercato di rivendita delle licenze taxi: in sostanza, la cessione di licenza di autoservizio pubblico non di linea si presume onerosa ed è idonea a determinare una ricchezza tassabile.

In verità, in maniera un po’ diversa si era pronunciata la Suprema Corte l’anno scorso, stabilendo che l’Agenzia delle Entrate è tenuta a dare prova degli elementi e dei criteri utilizzati per la determinazione della plusvalenza derivante dalla cessione della licenza taxi, non essendo sufficiente il mero richiamo a fonti del web, atteso che l’onerosità della cessione della licenza taxi non è un fatto notorio e va quindi dimostrato (Cass. n. 11074/2016).

Il Fisco deve provare elementi e criteri usati per determinare la plusvalenza

Per trarre le somme, da una lettura congiunta delle due sentenze, si potrebbe concludere che il trasferimento della licenza taxi è idoneo a configurare una cessione d’azienda comportante una plusvalenza tassabile, ma è il Fisco che deve “trovare” gli elementi di sostegno e di determinazione della pretesa (in genere riconducibili a osservatori sul mercato delle licenze taxi, su inchieste giornalistiche, su banche dati di vario tipo o – come nel caso oggetto della sentenza di ieri – su un’indagine svolta da un’Università).

Si ricorda, da ultimo, che, ai fini dell’imposta di registro, proprio qualche mese fa la stessa Cassazione aveva stabilito che il trasferimento della licenza taxi è equiparabile a una cessione d’azienda e, pertanto, sconta l’imposta di registro alla stessa stregua dei contratti verbali di trasferimento di aziende (Cass. n. 8769/2017).

5 commenti

  1. Qualcuno per favore mi chiarisca le idee. In base a quello che ho appena letto, se ho inteso bene, la cesione della licenza genera SEMPRE una plusvalenza? Cioè, lo stato vuole la sua parte di tasse anche in caso di cessione della licenza a titolo gratuito ad un famigliare o parente stretto? Anche se il trasferimento, come avviene da anni, viene notificato da un Notaio e in caso di cessione a titolo gratuito, il Notaio accerta e certifica che non vi è stato nessun trasferimento a titolo oneroso?
    Seconda questione: In caso di perdita o di calo di valore della licenza, lo Stato riconosce che vi è una minusvalenza ed in questo caso un credito d’imposta o perlomeno un non accanirsi contro chi per vari motivi ha scelto o è stato costretto da motivi, ad esempio di salute, a cedere la licenza?
    Grazie a chi sarà disponibile a chiarire queste mie curiosità…

  2. Tanto :SUPREMA “sta Corte non sembra se può essere smentita . Comunque decidano una volta per tutte. E poi chi dice che ci sia sempre e comunque una plusvalenza ? Siamo alle solite ! Se la cantano e se la suonano

  3. BENE..BENISSIMO..!!!!ALLORA LA CASSAZIONE TERRA’CONTO DEL DANNO CHE LA LANZILLOTTA MI STA RECANDO FINO AL 31/12..????CERTAMENTE..

  4. Alberto93 ti direbbero che se il danno fosse provato (qui la “presunzione non vale ” ) sarebbe da liquidarsi in separata sede. E poi sappiamo che non sempre si genera plusvalenza per esempio figli ( chi ha comprato in lire , chi ha comprato anni fa ) i casi sono tanti per esempio la L……….A ha generato Minusvalenza. Provino la Plusvalenza e la tassino secondo legge e non secondo presunzione ” ho sentito al bar ” ” mi hanno detto ” ” ho letto sul giornalino ” ” penso che “

  5. Domande : primo ; chi stabilisce plusvalenza ? Secondo; Se non ce plusvalenza che succede ? Terzo; se ce plusvalenza come viene tassata ? Se si possiede “azienda” da più Di 5 anni se fosse più conveniente ( non è sempre detto ) si puo accedere alla tassazione separata ? Si può rateizzare nei 5 anni di imposta successiva ? E se invece di “CESSIONE” SI procede ad un “CONFERIMENTO ” (esiste per esempio “conferimento in continuita’ di valori contabili ” )che NON PREVEDE PLUSVALENZA . Voglio dire che la materia e molto complessa e bisognerà sottoporlo all’esame di esperti “Tributaristi ” avvocati e commercialisti del settore . Sappiamo che basta poco anzi pochissimo per esempio una interpretazione errata o “disinvolta per pagare somme anche alte NON DOVUTE . QUINDI SARA’ UN ARGOMENTO DA STUDIARE CON CURA E RACCOGLIERE PIU PARERI DA PERSONE “ESPERTE”

I commenti sono chiusi.