Il fondatore di Uber e il Ceo di Tesla diventano consiglieri di Trump

lastampa.it Prove di intesa tra la Silicon Valley e Donald Trump dopo le tensioni della campagna elettorale. Ora si tenta di trovare un terreno comune per promuovere crescita e occupazione. E si prova a ricucire dopo gli screzi del tycoon con Apple, accusata di realizzare i suoi prodotti in Cina, o con Faceboook, il cui guru Mark Zuckerberg ha guidato la rivolta degli imprenditori contro la politica del muro sull’immigrazione. Per non parlare del numero uno di Amazon, Jeff Bezos, proprietario di quel Washington Post che con lo scoop del video sessista stava per stroncare la corsa alla Casa Bianca del candidato repubblicano.  

Alla Trump Tower si sono presentati quasi tutti i leader dell’hi-tech made in Usa: non solo Cook e Bezos, ma anche Sheryl Sandberg di Facebook (al posto di Zuckerberg), Larry Page di Google, Satya Nadella di Microsoft, Ginni Rometty di Ibm, oltre ai massimi vertici di Intel, Cisco, Oracle, Tesla e Uber. Assente invece il numero uno di Twitter Jack Dorsey. Un’assenza che ha creato un piccolo giallo, visto che Dorsey non sarebbe stato inserito nella lista degli invitati dal tycoon, che per il suo uso sfrenato di Twitter è stato ribattezzato `Tweeter in Chief´.

L’appuntamento è stato l’occasione per discutere di prospettive dell’economia e del mercato del lavoro, con le imprese più innovative d’America che non hanno nascosto la preoccupazione per il cambio di amministrazione. E sì, perché con Barack Obama la Silicon Valley ha compiuto un balzo in avanti enorme, con un record sul fronte della crescita e dei profitti da far impallidire anche la vecchia Wall Street delle banche e di Big Corporate. Con Apple, Google e Amazon regine nella classifica delle società più ricche al mondo.

Ora Trump è visto come una minaccia a questa crescita, un freno a questa corsa durata otto anni e favorita da leggi federali (come la neutralità di internet) e da un antitrust che ha avuto un atteggiamento più che benevolo verso i giganti hi-tech e le start up della West Coast. E poi c’è il nodo dell’immigrazione, linfa vitale per lo sviluppo della Silicon Valley e nemico numero uno – almeno a parole – della nuova amministrazione. Ma tra le fila di quest’ultima potrebbe esserci un forte alleato dei big dell’hi-tech: quel Peter Thiel – cofondatore di PayPal e uno dei primi investitori che ha creduto in Facebook – appoggiando Trump fin dal primo minuto, distinguendosi dalla maggior parte dei suoi omologhi. Sarà probabilmente lui – entrato nello staff del presidente eletto – il grande mediatore.

Intanto l’ex governatore del Texas Rick Perry è stato nominato ministro dell’energia (il dipartimento che da candidato presidenziale nel 2012 voleva rottamare), mentre per gli interni la scelta è ricaduta su un ex Navy Seal, Ryan Zinke. Travis Kalanick, fondatore di Uber ed Elon Musk, patron di Tesla e SpaceX, fanno parte da oggi del Forum strategico dei consiglieri economici di Trump.


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