Berlino decide su Michael Müller, il sindaco anti-Uber

Berlino decide su Michael Müller, il sindaco anti-Uberpagina99.it Nella Berlino del sindaco che ha voltato le spalle alle multinazionali della sharing economy Airbnb e Uber, il 18 settembre si vota per rinnovare il Senato locale. Come alle regionali in Meclemburgo-Pomerania, i socialdemocratici (Spd) del primo cittadino Michael Müller non sono in discussione. Ma i risultati potrebbero egualmente riservare brutte sorprese ai cristiano-democratici (Cdu) della cancelliera Angela Merkel e anche ridimensionare il primato dell’Spd. 

Dagli ultimi sondaggi, la grande coalizione Spd-Cdu che governa la città-Stato continua a perdere terreno nei confronti della destra euroscettica e razzista di Alternative für Deutschland (Afd), che il 4 settembre, nel vicino Land dell’Est, ha sorpassato i conservatori di Merkel. A Berlino Afd è data tra il 10% e il 15% e nei quartieri della ex-Berlino Est, dove più forti sono i timori nei confronti degli immigrati, potrebbe arrivare a conquistare il 20%, pari a quanto prenderebbe l’Spd nelle stesse zone.

In tutta la città, i socialdemocratici galleggiano attorno al 24%, con una perdita di circa 5 punti rispetto agli inizi dell’anno e anche alle Amministrative del 2011. Per il partito della cancelliera si prevede invece un tonfo del 6%: la destra moderata potrebbe scendere fino al 17%, testa a testa con la sinistra radicale della Linke, in risalita come i verdi.

Il Bürgermeister Müller non fa mistero di orientarsi verso una coalizione rossa tra Spd-Verdi e Linke, che relegherebbe i cristiano-democratici all’opposizione quasi con lo stesso peso di Afd. Ma il voto nella capitale tedesca è delicato anche perché permetterà di valutare il gradimento del nuovo sindaco dal suo insediamento nel 2014: si capirà insomma se i berlinesi, secondo la fortunata definizione del predecessore di Müller, Klaus Wowereit, sono decisi a rimanere «poveri ma sexy» o vogliono infine borghesizzarsi.

La questione non è secondaria. Berlino doveva diventare il nuovo faro per l’innovazione nel continente, eppure sta tradendo tutte le aspettative. Negli ultimi mesi una raffica di leggi ha vietato una serie di cambiamenti economici in arrivo dalla Silicon Valley americana, Airbnb e Uber sono fuori gioco: il senato cittadino ne ha decretato la fine e anche in settori più tradizionali, come l’immobiliare, ha imposto regole vicine a quelle dell’esproprio.

Si cerca forse di attirare l’elettorato con mezzi popolari in vista delle elezioni: la grande coalizione Spd-Cdu promuove anche calmieri dei prezzi e sussidi nonostante Berlino rimanga uno dei Länder tedeschi a più alto indice di disoccupazione, al 9,7%, secondo solo a Brema. La metropoli ha un debito superiore ai 59 miliardi di euro (la “scandalosa” Roma è appena a 12 miliardi), ma quasi due cittadini su dieci ricevono una qualche forma di aiuto statale, rispetto a una media di uno su dieci in Germania.

Nella scelta tra creare opportunità di lavoro e calmierare i costi, si è preferita la seconda opzione. D’altra parte il precedente governo dell’Spd non era stato particolarmente brillante nella gestione economica nella città-Stato. Il nuovo aeroporto Willy Brandt avrebbe dovuto aprire nel 2011 con un investimento di un miliardo di euro, mentre è ancora chiuso e i costi previsionali hanno raggiunto i sei miliardi. La criminalità è aumentata e Berlino si è ribellata all’ex sindaco Wowereit in almeno due occasioni.

La prima quando aveva consentito lo smantellamento di porzioni di muro per far costruire una orribile torre residenziale color bianco lucido, in stile Dubai, lungo il fiume. Poi con un referendum popolare che ha infine costretto Wowereit alle dimissioni,  dopo aver provato a far edificare anche parte della superficie dell’ex aeroporto di Tempelhof, diventata parco.

Negli ultimi anni l’Spd ha quindi adottato un’aggressiva politica popolare. Il divieto di Airbnb, così come della tedesca Wimdu e altre, è diventato definitivo a partire dal 1 maggio 2016 (a parte la possibilità di affittare una stanza o casa propria per meno di sei mesi l’anno). Il motivo? Per il senatore  promotore dell’iniziativa Andreas Geisel (Spd) la misura «è uno strumento necessario e ragionevole contro la scarsità di appartamenti abitativi a Berlino, per mettere case a disposizione dei residenti e di chi si trasferisce in città».

Airbnb è vietato anche a chi vuole lasciare gli appartamenti sfitti per più di sei mesi. C’è chi si è opposto parlando di una sorta di esproprio, ma una corte berlinese ha dato ragione al governo cittadino. L’alternativa è l’affitto normale, ma il governo berlinese è intervenuto anche qui. Se un appartamento è già affittato, un nuovo contratto di affitto non può essere maggiorato in misura superiore al 10% rispetto al contratto precedente. Per gli altri, il riferimento è l’equo canone (Mietspiegel) secondo il quale un appartamento in pieno centro di sessanta metri quadri deve essere affittato al massimo a 450 euro al mese. C’è di più: i contratti a termine sono vietati a meno di ragioni particolari. Per il resto, durano a vita.

All’equo canone si sottraggono gli appartamenti ultimati dopo l’ottobre 2014, e quelli più vecchi ristrutturati per un valore pari a un terzo di un appartamento nuovo. Per questo, si potrebbe giungere a situazioni in cui gli appartamenti nuovi sono carissimi, e quelli più vecchi sono a prezzo popolare. Per quanto queste misure possano far contenti gli inquilini, non segnalano un clima favorevole alla piccola imprenditoria che si era attivata nel settore di Airbnb e che ha dovuto chiudere i battenti. Anche le aziende di ristrutturazione e i mobilifici di livello non se la passano bene: apportare miglioramenti agli appartamenti non conviene più. L’associazione tedesca dei proprietari immobiliari “Haus und Grund” ha fatto notare che le attività di ammodernamento hanno subito una frenata a causa delle nuove regole.

Ma anche le grandi ristrutturazioni sono al limite: in zone specifiche decise dai municipi è stato introdotto un nuovo divieto che impedisce di aggiungere bagni, balconi grandi o altre lussuose amenità tipo il parquet, se ciò è fatto allo scopo di aumentare gli affitti. Il sistema immobiliare non è l’unico a esser stato preso di mira, anche Uber è stato vietato. La decisione è giunta da una corte berlinese nell’aprile 2014, dopo essere stata «sconsigliata» dal Senato cittadino – e ovviamente dalle associazioni dei tassisti.

Basterà questo per limitare il rischio dell’emersione di Alternative für Deutschland? Di certo, la capitale tedesca non è particolarmente sensibile ai messaggi capitalisti. I liberali dell’Fpd possono aspirare al massimo a un 5% perfino nei ricchi quartieri dell’Ovest. Per il resto, che siano sconti o messaggi razziali, qualsiasi cosa serve per attirare i cittadini insoddisfatti: tante sono le peculiarità che distinguono la capitale dal resto dalla Germania, compresa la voglia estrema di statalismo. Ma Berlino è sempre Berlino, e una marcia di AfD in una città così di sinistra sarebbe allarmante, e lo sarà.