Via è il taxi collettivo di New York che va oltre Uber

Sherutsiviaggia.it Per un paio d’anni l’applicazione per smartphone e tablet Uber aveva riscontrato un enorme successo, ma adesso l’attenzione dei cittadini di New York è rivolta verso una nuova di zecca, si chiama: Via. Si tratta di un sistema di taxi collettivo messo a punto da poco tempo, ma che si sta rivelando molto efficace. L’idea è stata di Oren Shoval e Daniel Ramot, due ex ingegneri dell’aviazione israeliana, che hanno pensato bene di prendere spunto dal cosiddetto sherut, ovvero un tipo di taxi molto popolare in Israele. Sono, in realtà, dei minibus da dieci posti circa, che offrono servizio all’interno delle varie città: i passeggeri non si conoscono tra loro, ma condividono il viaggio, dato che si dirigono tutti verso la stessa meta. 

Grazie a questo sistema, chi ne usufruisce paga il biglietto della corsa ad un prezzo decisamente inferiore rispetto alservizio offerto dal taxi. E’ un sistema abbastanza rudimentale già esistente da diverso tempo e molto diffuso in parecchie città dell’Africa, del Medio Oriente e dell’America Latina.

Cercando, dunque, di renderlo più tecnologico, hanno creato Via, disponibile negli store sia per IOS che per Android. Pur essendo molto simile all’applicazione Uber, ideata qualche anno fa, ha un enorme punto a suo favore che permette di risparmiare qualche dollaro in più. Mentre questo inviava un’auto solo ed esclusivamente per una richiesta di servizio, Via raccoglie i diversi fruitori in un unico mezzo simile allo sherut.

Una volta che questo è carico, inizia il viaggio verso la destinazione comune. Ovviamente ci impiega più tempo, ma c’è da considerare il fatto che deve fermarsi varie volte in modo tale da far salire tutti i passeggeri che si sono prenotati per il servizio. Questo è lo si può fare direttamente dall’applicazione e, una volta inviata la richiesta, un algoritmo pianifica il percorso dell’autista.

Il prezzo del biglietto, essendo una corsa condivisa, fa riferimento esclusivamente al posto che il passeggero occupa e non all’intero mezzo, come accadeva con Uber. Questo varia dai 5 ai 7 dollari, a seconda che il biglietto venga pagato o dall’applicazione o in contanti una volta saliti sul minibus.

Ad offrire il servizio di taxi sharing sono dei privati che possiedono la licenza TLC e alcuni di questi lavorano anche per Uber. Attualmente è disponibile solo in alcune città americane, come New York, Chicago e Washington, ma i due promotori sono alla ricerca di investitori che possano far espandere la loro idea anche nel resto degli Stati Uniti.

5 commenti

  1. SIAMO SEMPRE ALLE SOLITE:
    PER FARE UN MESTIERE (E INCASSARE DENARO) OCCORRE UNA LICENZA O UN’AUTORIZZAZIONE….!!!
    LE APP LE ANNO ANCHE I TASSISTI E GLI NCC
    I PULMINI LI HANNO ANCHE I TASSISTI E GLI NCC
    IL TAXI COLLETTIVO SUL TASSAMETRO CE L’HANNO anche I TASSISTI e gia’da vari anni!!!
    LA PROFESSIONE E’una cosa.
    IL TRASPORTO LIBERALIZZATO (LASCIANDO LA LICENZA/AUTORIZZAZIONI IN MANO A TASSISTI ED NCC CHE NON AVRANNO PIU’UN VALORE)… E’UN’ALTRA COSA!!!
    SPERIAMO CHE CON LA SCUSA DELLA TECNOLOGIA NON SI ARRIVI A PRIVATIZZARE/LIBERALIZZARE IL TRASPORTO PERSONE….

  2. Che idea! Chissà perche e’ diffuso in Africa in America Latina e Medio Oriente? Sono dei geni? Forse perche li manca una rete di trasporto pubblico collettivo? Chi indovina? Ormai scrivi algoritmo e applicazione e sembra una magia. Faranno un prezzo a decrescere. L’ ultimo che scende sarebbe giusto che viaggiasse gratis visto che ha accompagnato tutti gli altri e arriva a destinazione chissa’ quando. Vedi Radiobus ATM di qualche anno fa qui a Milano

  3. evvai con l’innovazione… visto che non la posso proporre per regolamento, perché il comune non mette un bel cartello ad ogni posteggio taxi che indica la facoltà degli utenti di chiedere la tariffa collettiva?
    un esempio chiarirà, non ai colleghi che sono ben informati, ma agli utenti che magari si divertono a leggere taxistory, oppure ai politici di turno che pensano di sapere tutto, oppure di non sapere niente e si ispirano al modello americano, israeliano, africano, medio orientale, rudimentale o meno che sia:
    milano, settimana della moda di settembre 2015, coincidente con i mesi migliori di expo e varie fiere di settore, muraglia umana in porta genova dopo la chiusura della metropolitana, 3 passeggeri, 3 destinazioni, tariffa notturna… il primo scende a tricolore 4,70 euro, il secondo in piazza oberdan 5,20 euro, il terzo piazzale loreto, 6,80 euro.
    questo al posteggio.
    e chiamare un radiotaxi e indicare sul frontalino la richiesta della tariffa collettiva non mi sembra roba da guerre stellari.
    MA SE L’UTENTE NON LO SA????!!!
    se My…. propone tariffe scontate, ricchi premi e cottilons, perché i radiotaxi non possono promuovere la collettiva? magari con una bella pubblicità sulle portiere e il lunotto?
    o dobbiamo aspettare che arrivino gli yankees a far pensare a qualcuno che stanno inventando l’acqua calda?

  4. Il prossimo passo sarà un bus che si sostituisce, per pochi centesimi in più e nelle ore di punta, ai mezzi pubblici. Vedremo U… o chi per esso sulla circonvalla 90/91.

  5. In Israele funziona, è vero, a New York c’è U…, in Asia esistono i risciò trainati da un uomo che corre, gli Innuit si spostano su slitte trainate da cani, nella Jungla Tarzan si spostava balzando da una liana all’altra, nei telefilm di fantascienza usano il teletrasporto e gli Alieni usano i dischi volanti… ma perchè nessuno prende in considerazione le singole realtà? Il nostro lavoro non è lo stesso a Roma o a Londra, a Torino o a Milano. Il nostro mestiere si differenzia a seconda delle varie realtà locali. Una cosa che funziona in una città o in un Paese con una realtà completamente diversa dalla nostra, perchè dovrebbe funzionare a tutti i costi anche da noi? Se i nostri politici ragionano con questo metro, senza prendere in considerazione le varie realtà nelle quali siamo costretti ad operare, prima o poi ci ritroveremo con qualche saputone che affermerà “Perchè non concedere una licenza di trasporto a dorso di cammello? Ho preso il cammello in Tunisia e mi sono trovato benissimo!”

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