Concorrenza sleale: dopo Uber tocca a BlaBlaCar?

justice-vendetta4 webnews.it Dopo i tassisti, le compagnie di autobus. Dopo Uber, ora potrebbe toccare aBlablacar. Dalla Spagna arriva come un tuono la notizia della denuncia per concorrenza sleale a firma Confebús, un’associazione di categoria delle compagnie di pullman, rivolta alla nota piattaforma nata in Francia e che opera oggi in 19 paesi. L’accusa viene dopo indagini della stessa associazione che ha mandato finti clienti in incognito, e ora da Madrid la polemica potrebbe espandersi in tutta Europa.

La Confederación Española de Transporte en Autobús ha messo in discussione un punto che finora aveva tenuto Blablacar alla larga dai problemi vissuti da Uber: l’assenza di guadagno per gli utenti. La piattaforma è di fatto una specie di social network dove le persone si dividono le spese di un viaggio. 

L’applicazione non realizza forme di lavoro part time o concorrenzali ad altri sistemi di trasporto, ma organizza in Rete un passaggio in auto secondo la visione generale della sharing economy, che vede come uno spreco i posti vuoti dei veicoli che vanno nella stessa direzione di chi ci vorrebbe andare ma non possiede un’auto. In pochi anni l’idea ha avuto un successo mondiale: 20 milioni di utenti, 400 dipendenti, una quotazione che è arrivata al miliardo e mezzo di dollari.

Evidentemente però tutti questi numeri hanno infastidito qualcuno. Secondo i suoi critici spagnoli, si sarebbe creato un mercato nero e l’immagine degli autisti intenzionati solo a condividere le spese non corrisponde al vero. Questa accusa si basa sull’osservazione di alcuni viaggi coincidenti con le tratte degli autobus, surrogata – secondo Confébus – dalle testimonianze raccolte da finti clienti assoldati per catturare dichiarazioni di autisti e passeggeri. La tesi è che i prezzi scendono rispetto a certe tratte, come fossero in concorrenza col servizio dei pullman. Un’accusa che sembra davvero strana rispetto al tipo di piattaforma. Webnews ne ha parlato con il country manager italiano di Blablacar, Andrea Saviane.

Il panel sulla mobilità in crowdsourcing tenutosi in marzo a H-Farm. In quell’occasione ci fu un confronto fra tre nomi del ride sharing: Uber, Letzgo e Blablacar. Il primo da destra è Andrea Saviane, in mezzo Davide Ghezzi e a sinistra Benedetta Arese Lucini, all’epoca manager di Uber, sostituita quest’estate da Carlo Tursi.
Saviane: “Siamo stupiti”
Blablacar è diventata un leader del settore facendosi forza su una formula estremamente semplice che l’ha sempre distinta dall’accusa di concorrenza sleale cogli altri mezzi di trasporto. È un asset puramente remunerativo per il suo servizio di fornitore della tecnologia abilitante, ma in tutta Europa e nei paesi emergenti come Turchia, Russia, nessuno l’aveva mai indicata come sleale economicamente. Nessuno prima del caso spagnolo.

La Spagna è per ora l’unico caso al mondo: c’è una spiegazione?

Ci lascia stupiti, soprattutto se si considera che il ride sharing viene incentivato da molte amministrazioni per via dei suoi benefici sul traffico e sull’ambiente. La società è stata indicata da Confébus come fornitore e intermediario di un servizio di trasporto professionale senza licenza: ma BlaBlaCar non è un operatore di trasporto, è una community che mette in contatto automobilisti con altri viaggiatori che desiderano raggiungere una stessa meta; gli utenti si accordano per condividere un passaggio in auto e i relativi costi di viaggio.

Qui c’è un passaggio che si fatica a comprendere: Blablacar è una società, quindi ha finalità commerciali, ma il servizio no.

Ciò che contraddistingue BlaBlaCar da altri operatori è proprio l’assoluta mancanza di una finalità commerciale degli utenti: la community non trae profitto dal ride sharing, gli automobilisti possono solo ammortizzare le spese di benzina e pedaggio grazie al contributo dei passeggeri che effettuano il loro stesso tragitto.

Blablacar si è difesa coi numeri: 98% di autisti che coprono spese inferiori a 50 euro al mese. La concorrenza dove sta?

Siamo fiduciosi che gli argomenti a nostra disposizione possano rappresentare un valida base su cui costruire una risposta alle osservazioni di Confébus. Per quale ragione una persona dovrebbe fare un viaggio in auto copiando gli orari degli autobus, se non ci guadagna niente? Senza una motivazione personale e senza la possibilità di margine sul viaggio, viene meno la motivazione per una persona di mettersi in strada per fare un percorso in auto.

E in Italia? Si finirà per discuterne anche qui?

Troviamo difficile che l’accusa possa essere estesa al nostro Paese. Inoltre, le istituzioni italiane si stanno dimostrando molto aperte nel cercare di dare rilevanza normativa al fenomeno: al momento sono all’esame due disegni di legge volti a regolamentare il carpooling, e anche l’Autorità di Regolazione dei Trasporti ha emesso un atto di segnalazione che include una definizione di carpooling.

Proviamo a immaginare questa teoria: alcune persone copiano gli orari degli autobus, percorrono le stesse tratte dividendo le spese e in qualche modo guadagnandoci un extra-fee; la piattaforma ha la possibilità tecnica di comprendere questo escamotage? Ci vorrebbero degli algoritmi specifici per individuare delle anomalie nei percorsi. Li avete?

Gli algoritmi ci sono. I conducenti BlaBlaCar hanno un interesse personale a fare un viaggio: vanno a trovare la famiglia, gli amici, fanno un weekend fuori porta e così via. Se un conducente prova a farne un utilizzo professionale, cercando di proporsi come servizio di trasporto, è facile identificarlo in base ad un nostro pattern di comportamenti. Abbiamo un algoritmo in grado di identificare comportamenti sospetti, come viaggi offerti sempre alla stessa ora e nella stessa tratta, la richiesta di un contributo spese più alto di quello suggerito e via dicendo. Siamo in grado di identificare questi comportamenti e in questi casi procediamo a sospendere l’account: è stabilito nelle Condizioni Generali di Utilizzo.

Inoltre, come in tutte le piattaforme, il valore del giudizio della community…

In blablacar c’è un forte senso di autoregolamentazione della community attraverso il sistema di feedback: il mancato rispetto delle regole esplicite ed implicite della community viene punito con feedback negativi che precludono l’utilizzo della piattaforma in futuro.

Intanto a Bruxelles parte uno studio
Mentre tutti attendono di capire quali altri pareri i tribunali dei vari paesi possano dare sui servizi di ride sharing rispetto alle norme antiquate vigenti in Europa, la Commissione Europea ha chiesto allo studio legale Grimaldiun’analisi completa di tutta la legislazione europea sui trasporti. All’avvocato Francesco Sciaudone e i suoi colleghi il compito di analizzare giuridicamente l’attuale quadro, gravemente lacunoso e non uniforme rispetto all’ingresso nel mercato di nuove forme di trasporto individuale proprio come Uber (che ha deciso di portare il giudizio italiano davanti alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia) e Blablacar.

9 commenti

  1. Siete stupiti? Vedrete quando trascineranno alla sbarra anche voi come sarete stupiti.

  2. Anche quelli ch vanno e vengono 20 volte al giorno da Expo vanno a trovare la mamma all’ospedale?

  3. Giusto Leo, ed aggiungo che il tema è quello di un recente messaggio di edbologna.
    Il sistema mediatico sta concentrando il dibattito su temi fuorvianti perché è un ottimo sistema per dire e sostenere qualsiasi scemenza e convincere subdolamente l’opinione pubblica.
    Tutte le paroline “magiche” come modernità/sharing economy/app’s e le scemenze che gli si associano non c’entrano NULLA!
    Stanno cercando di fotterci giocando con le parole. Se tu il Caporalato lo chiami sharing economy ne cambi sostanzialmente la percezione e gli puoi associare il concetto di “modernità”, “tecnologia” e tutto quel che ti pare.
    Senonchè caporalato era e caporalato resta.
    In realtà il loro VERO SCOPO è scardinare dalle fondamenta la democrazia (e ci stanno riuscendo) assieme all’intera struttura giuridica del DIRITTO DEL LAVORO che ci si era conquistati con decenni di lotte di classe!
    La vera partita che si sta giocando ORA ANCHE contro di noi (ma che non hanno ancora vinto) è la stessa partita che hanno già giocato e vinto contro i lavoratori dipendenti con le varie “riforme” (si scrive riforma ma si pronuncia raccogliere saponette). Cominciando dalle pensioni (fin dai tempi del governo Dini) per continuare con la “flessibilità” (si scrive flessibilità ma si pronuncia precariato) dei nuovi contratti atipici e per finire (si fa per dire) con il Jobs act (che si scrive art. 18 ma si pronuncia sindacati al macero).
    Quello che bisognerebbe fare per smascherare e contrastare questo disegno criminale è riportare il dibattito all’interno del processo neoliberista chiamando le cose con il VERO nome. Tutto questo “business” che stanno costruendo intorno alla sharing economy usando il grimaldello delle App’s è PURO CAPORALATO release 2.0.
    Sono 4 farabutti con in tasca montagne di soldi che gli fornisce un sistema finanziario criminale e truffaldino che ha trovato una “nuova” via per perpetuare la speculazione sfruttando il sudore altrui!

  4. Chi elogia *ber guarda l’albero e non vede la foresta: *ber è l’inizio, è l’esperimento, noi aspettiamo l’arrivo dei prossimi 10/100/1000 *ber a prendersi i diritti di qualche altro milione di lavoratori, eppoi la musica cambierà, e i Velavevodetto non saranno mai abbastanza.

  5. Il servizio di taxi lo deve svolgere solo chi ha la licenza , STOP , PUNTO . Fate troppe parole inutili : Milano32 e EdBologna più che i taxisti potreste fare gli editorialisti .

  6. Sì Davide Torino, hai ragione ma per difendersi da questi sciacalli devi anche capire cosa e contro chi ti stai confrontando.
    Tu pensi che per fermare questi “mostri alieni” basti sostenere principi limpidi, semplici e logici come fai tu?
    In altre parole ci vuole una CHIARA “visione politica” del contesto e respingere le loro BALLE sulla presunta modernità con argomenti e strategie convincenti.
    L’alternativa è subire la stessa sorte dei padroncini trasportatori (camionisti) che piano piano e senza aver capito cosa gli stava succedendo attorno si sono ritrovati a fare gli schiavi per i “grandi” corrieri.
    PS effettivamente il mio sogno è sempre stato quello di fare l’editorialista. E’ una vergogna?
    Alegher

  7. Non devi vergognarti , anzi , scrivi bene , ma qui più che la penna , in futuro potrebbero servire le braccia , stile Francia . Cerca di capire !!!

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