Uber ha trovato un nemico in Hillary Clinton

Hillary_Clintonnews.you-ng.it Nel caso in cui la startup statinitense Uber non ne avesse avuto abbastanza, Hillary Clinton si aggiunge alla lista dei nemici. La candidata alla presidenza ha intenzione di far saltare tutte quelle aziende che per fare business non garantiscono benefit come assistenza, copertura medica, possibilità di fare carriera e che di conseguenza tendono a reprimere i salari della classe media. La Clinton ha, al contrario, in programma di faraumentare i redditi della middle class: questo è il focus principale delle sue politiche economiche. Nel mirino sono dunque finite molte aziende che si basano sulla sharing economy e che sono state definite dalla candidata come “una cospirazione contro la crescita dei salari sostenibili”. Questa  notizia arriva proprio nel momento in cui Uber si oppone ad una class-action in un tribunale distrettuale della California del Nord che etichetta tutti i suoi contraenti come dipendenti. 

La logica è: se queste aziende che non danno alcun tipo di vantaggio da un punto di vista di opportunità e sicurezza offrono posti di lavoro da un lato, dall’altro  non stanno contribuendo alla costruzione di un paese in cui c’è una crescita sostenibile dei salari. Prima, ad esempio, i tassisti potevano contare sul loro reddito per fare investimenti acquistando una casa o mandando i loro figli all’università. I benefici li hanno salvati dalla recessione che, al contrario, li avrebbe paralizzati da un punto di vista economico.

E’ certamente vero che alcune società che per definizione mettono in pratica la sharing economy non offrono alcun tipo di beneficio. Alcuni lavoratori potrebbero preferire l’opzione di avere un contratto a tempo pieno che garantisca loro stabilità; tuttavia altri possono preferire la flessibilità e contratti part-time, anche se in realtà lavorano a tempo pieno.

Un dato di fatto è che la legislazione non riesce ad inseguire l’innovazione. L’economia è in costante movimento e i tentativi di regolamentazione finora registrati risultano goffi, a scapito di nuove forme di business che si trovano ad operare in un campo di cui non si percepisce la portata evolutiva. Si spera che dunque la Clinton non sia soltanto una fervida sostenitrice del “full-time è sempre meglio”, ma che piuttosto si adoperi per costruire uno spettro legislativo che permette a chi si occupa di tecnologia di poter avere una società senza doversi basare su leggi scritte quando ancora non si immaginava nemmeno la nascita del web 1.0. Si potrebbe realmente ascoltare queste società, per capire come aiutarle a continuare ad innovare.

Un altro punto che la Clinton ha intenzione di toccare è una spinta contro la pianificazione aziendale a breve termine e il “capitalismo trimestrale“. Il dover fare delle relazioni da rendere pubbliche sui progressi dell’azienda ogni tre mesi è stato progettato per proteggere gli azionisti. Ma molte aziende detestano questa logica perché si trovano continuamente costretti a rimescolare le carte per soddisfare gli obiettivi immediati piuttosto che fare ciò che è meglio per l’azienda a lungo termine.

Quello con cui la Clinton non ha fatto i conti è il cambiamento di mentalità degli investitoti e della politica che potrebbe favorire la crescita delle società che fanno sharing economy piuttosto che mantenere lo status quo.