Web tax, la norma anti-Google passa alla Camera in commissione Bilancio

ilsole24ore.com di Giovanni Parente e Alberto Annicchiarico
tieL’Italia, primo e unico caso in Europa, si avvicina sempre di più alla web tax. Scatterà l’obbligo di acquisto dei servizi online, sia di e-commerce che di pubblicità, solo da operatori con partita Iva italiana. È quanto prevede la proposta – approvata venerdì sera in commissione Bilancio della Camera nel corso dell’esame della legge di stabilità – che ha come primo firmatario Edoardo Fanucci (Pd) ed è fortemente sostenuta dal presidente stesso della commissione, Francesco Boccia (Pd). Non solo. È stato approvato anche l’emendamento presentato da Stefania Covello (Pd) che punta, invece, a tassare i profitti non sulla base dei costi sostenuti dalla controllata italiana, ma sulla base di altri parametri che rispecchino effettivamente il fatturato. Intanto il governo accelera anche sul fronte della tutela del copyright.

L’obbligo della partita Iva
Ma andiamo con ordine. L’emendamento, sottoscritto anche da Sel e da Svp, prevede che «i soggetti passivi che intendano acquistare servizi online, sia come commercio elettronico diretto che indiretto, anche attraverso centri media ed operatori terzi, sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita Iva italiana».

In questo modo i volumi di vendita realizzati in Italia dalle big del web come Google, Amazon, Facebook e Apple (più volte accusate di elusione dai governi europei) sarebbero anche fatturati nel nostro Paese, con il conseguente gettito, mentre oggi vengono fatturati in altri paesi con regimi fiscali agevolati (uno per tutti, l’Irlanda).

L’obbligo scatterebbe non solo per i servizi di e-commerce (diretto o indiretto) ma anche per l’acquisto dei link sponsorizzati che appaiono nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca visualizzabili sul territorio italiano.

In pratica, l’inserzione potrebbe essere venduta, come detto, solo da imprese con regolare partita Iva italiana. Una soluzione per arginare il fatto che il traffico pubblicitario italiano viene sempre più acquistato all’estero da operatori stranieri. Con questi ultimi che, a loro, volta vendono dall’estero. Così l’operazione di compravendita è del tutto sconosciuta al Fisco italiano, che quindi non vede entrare neanche un euro di tassazione.

L’obbligo a cui punta l’emendamento riguarderebbe, comunque, le transazioni tra imprese o comunque tra operatori economici sogetti passivi Iva (gli scambi business to business) e consentirebbe di far pagare l’imposta sul valore aggiunto nel nostro Paese.

La proposta era stata accantonata nella giornata di giovedì 12 dicembre in attesa della riformulazione. Il governo con il viceministro Stefano Fassina si è rimesso all’aula, mentre dubbi li hanno sollevati Giampaolo Galli e Marco Causi del Pd, timorosi che questa norma possa andare in contrasto con le normative europee.