processo alla k.ategoria

kafka-300x225Josef K., è un uomo d’affari che lavora per un’importante banca. Un giorno qualsiasi, all’improvviso, due uomini si presentano per arrestarlo, peraltro senza limitare in alcun modo la sua libertà di azione. K scopre così di essere oggetto di un oscuro processo, pensa ad un errore e decide di intervenire subito per risolvere lo spiacevole malinteso. Il protagonista cerca di combattere la macchina processuale, cervellotica e irrazionale, con la logica e con quel pragmatismo che gli deriva dal suo lavoro presso la banca.
Ben presto però il signor K. si trova contro un muro di gomma che rifiuta la logica e pretende di dettare i tempi e la metodologia dello svolgimento del processo. Durante il processo K. non riesce a scoprire il proprio capo di imputazione, ma si trova costretto ad assumere uno stimato avvocato che lo difenda. L’avvocato pur essendogli stato caldamente raccomandato si comporta come il tribunale, procede con delle azioni e dei passi che K. non è in grado di verificare né comprendere in pieno. L’avvocato lo rassicura sull’impegno profuso per il suo caso e sulla dedizione che riserva alla sua causa, ma K. dopo un periodo di riflessione decide di licenziare l’avvocato e di ignorare le richieste del tribunale. Questa sua rinuncia alla difesa lo conduce quasi come una naturale conseguenza alla sua condanna. Infatti Josef K. viene prelevato dagli agenti del tribunale e portato in una cava, dove viene ucciso con una coltellata per ordine del tribunale. Il signor K. muore in conseguenza di una condanna inflittagli da un tribunale che non ha mai voluto informarlo delle accuse a suo carico e che non gli ha mai consentito di attuare una vera difesa per il suo presunto crimine, qualunque esso sia stato. La sua uccisione viene effettuata da due agenti che svolgono il loro incarico come fosse una faccenda quotidiana e banale e il protagonista prima di morire, pensando alla sua squallida morte, esclama “Come un cane!”.

Aspettare con ansia il comunicato ufficiale del Senato nel quale viene definito l’emendamento (e la sorte) del mio lavoro, mi fa vivere una assurda situazione kafkiana: “il processo” di Franz Kafka di cui ho riassunto in precedenza la trama,  sembra calzi a pennello con il mio stato d’animo e la condizione esistenziale di questa nostra bistrattata K.ategoria dove l’accusa è oscura, ma tuttavia consolidata con il trascorrere degli anni, semplicemente grazie al fatto che il detto “le bugie, se ripetute mille volte, diventano verità”, rappresenta anche una strategia in uso dai media, che paga nell’ intento di mietere vittime.

La K.ategoria  si sforza di intervenire e di dibattere per contrastare falsità e affermare la verità, con la semplice logica di chi vuole tutelare la propria dignità. Ben presto la K.ategoria si trova di fronte a un muro di gomma che si oppone a qualsiasi approccio logico, che calpesta la dignità e che ne disconosce la professionalità. Si avvia un “processo” di riforma che ha l’obiettivo di rinnovare la K.ategoria,  e purificarla con strumenti specifici, da una imputazione che oltre a non essere ben chiara, sottintende a secondi fini. Ci si affida ad un gruppo ristretto di rappresentanti-difensori che procedono alla stesura di una comune linea di difesa; in modo analogo il tribunale-senato procede con una lista di provvedimenti che andranno ad influenzare la sentenza finale. Fin dalla emissione dell’ imputazione, la K.ategoria ha avuto la possibilità di continuare a lavorare con regolarità, come se nulla fosse , intervallando audizioni con audizioni, parlamentini con parlamentini, mantenendo un tono basso di difesa passiva, fino al giorno in cui due relatori terminano il loro incarico istituzionale, pronunciano l’arringa finale e affidano la K.ategoria al voto finale di una camera, poi l’altra camera, infine la firma del Presidente pone il sigillo a ciò che sarà il destino (e la vita) di K. – La frase che chiuderà la vicenda vorrei non fosse la stessa del protagonista. Cosa che desiderate anche voi.

2 commenti

  1. non male…
    Sempre per restare a Kafka, studiando la vita e le opere dell’onorevole Casini, del geniale Catricalà e del misurato Trefiletti, mi è invece tornato in mente il bellissimo La metamorfosi. E in questo caso non c’è alcun dubbio sull’esito finale

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