Napoli «Taxi, prego»: il turista abbocca ​Così parte la corsa dell’abusivo

taxi-abusivoilmattino.it Il richiamo si stacca improvviso dal perpetuo brusio dei viaggiatori che s’incrociano a frotte sulla banchina: «Prego, taxi. Dove andiamo?», domanda l’intruso, mentre setaccia il binario come un avvoltoio in attesa della preda. Il suo «taxi» in realtà è una comunissima auto pure un po’ malconcia parcheggiata un centinaio di metri più in là. Il fenomeno è molto diffuso come attestano i controlli della polizia municipale: proprio ieri, in via Toledo, gli agenti ne hanno stanato uno totalmente abusivo e con la targa sul tettuccio falsa. Naturalmente era privo della targhetta di numero di corso pubblico.

Il conducente è stato fermato e multato, mentre il veicolo è stato sequestrato. Non solo, gli agenti hanno inoltre appurato che l’abusivo era un ex sostituto alla guida per taxi che, persi i requisiti, aveva continuato a «esercitare l’attività» traendo così in inganno i clienti. Al passeggero che al momento del fermo era a bordo, gli agenti hanno restituito la somma richiesta dall’abusivo. Nel corso dei controlli, un altro veicolo, a noleggio con conducente, è stato sanzionato in via Depretis perché trasportava passeggeri senza voucher e, nello specifico, cercava i clienti direttamente negli alberghi per poterli trasportare presso mete turistiche. Dopo il fermo la licenza è stata ritirata.

«Si appostano soprattutto tra i binari 16 e 19, per adescare i passeggeri appena scendono dai treni ad alta velocità», spiega un ferroviere con l’aria di chi è aduso ad un malcostume atavico. «Gli abusivi ci sono da sempre: sono nati prima loro e poi i taxi», conferma Antonio Brunelliso, 30 anni di vita e nove di tassì, descrivendo una concorrenza tanto sleale quanto pervicace. «Ogni giorno spunta uno che ha bisogno di mangiare e si inventa tassista. Ma io – dice Antonio – me la prendo con i clienti: perché ci entrate? Vero, offrono tariffe più basse, ma molte di quelle macchine non sono neanche assicurate».

In effetti gli abusivi accerchiano la stazione da ogni lato. Alfonso fa il tassista da appena due anni, ma è già esasperato. E con quest’insofferenza indica gli stazionamenti scelti da quei colleghi non riconosciuti che ogni santo giorno vengono a rubargli il lavoro. «Li trovate non solo ai binari, ma pure laggiù, davanti al Mc Donald’s, oppure sul lato opposto della piazza, vicino al parcheggio Metropark. E dopo le undici di sera, quando i taxi regolari diminuiscono, ne arrivano una caterva», racconta, riconoscendo, d’altro canto, che gli irregolari vanno a colmare un’oggettiva carenza. Per non farsi togliere le polpette dal piatto, Alfonso e i suoi colleghi organizzano vere spedizioni per il recupero cliente. «Gli diciamo che quello non è un taxi regolare, lo mettiamo in guardia. A volte è finita a mazzate, ed è un rischio: una denuncia per rissa ci farebbe perdere i requisiti. Allora dobbiamo stare zitti e subire», allarga le braccia.

Loro, i «rivali», in effetti stanno proprio là, davanti al Mc Donald’s, all’angolo con corso Novara. Hanno tra i quaranta e i cinquant’anni, e indugiano all’angolo per giornate intere, a gruppi di tre o quattro. Quando alcune ragazze chiedono indicazioni per raggiungere il Porto, uno fiuta subito l’affare: «Vi accompagno io, cinque euro a testa». E indica una Punto bianca. Ma stavolta va male: «No, grazie», le turiste fanno dietrofront e puntano alla fermata dell’autobus. Prima di raggiungerla, dovranno attraversare quel purgatorio di anime in pena che è piazza Garibaldi, tra tossici in cerca di spiccioli, extracomunitari che vendono per terra residui di povertà, indigeni che apparecchiano truffe e senzatetto accasciati sotto una pensilina, su cartoni adibiti a giaciglio, tra immondizia e afrori assortiti.
Uno scenario più mediorientale che europeo. «Prima contro i taxi abusivi avevamo un gruppo speciale, ora non più», si rammarica un agente della municipale. La Polfer, invece, ti mostra il lato umano dell’abusivo. «Quando vediamo che si avvicinano ai passeggeri, interveniamo – premette il brigadiere -. Ma sono rimasti in otto o nove, e non c’è una nuova leva. È un lavoro tramandato di padre in figlio, dietro c’è sempre uno stato di necessità. Se avessero un’alternativa, non si metterebbero ad elemosinare. Lo stesso vale per i venditori abusivi di bibite, anziani che conosciamo bene. Potremmo sequestrare tutto, invece ci limitiamo ad invitarli ad uscire», confessa un poliziotto.

In questa guerra tra poveri, il confine lo definisce la legge. Per farla rispettare, la corporazione dei taxi ha portato in Consiglio comunale Ciro Langella, fondatore del consorzio Consortaxi e già presidente nazionale dell’Unione tassisti d’Italia. Ma se la disoccupazione incoraggia gli illeciti, i disservizi dei mezzi pubblici, Cumana in testa, invogliano i cittadini ad alimentare quel mercato parallelo e fuorilegge.

Per combatterlo, c’è pure chi aveva provato ad organizzare delle ronde anti-abusivi. «Volevamo evitare che i turisti venissero adescati. Purtroppo non ce lo hanno permesso, e stiamo ancora così», si amareggia Gianni, tassista e ideatore dell’iniziativa. Ma Patrizio Nacarlo, sindacalista della Federtaxi, spiega che dalla Ferrovia il fenomeno s’è allargato all’aeroporto e al porto. «Sto a Capodichino, anche qui siamo pieni zeppi di abusivi. E al Beverello è la stessa cosa. Abbiamo fatto denunce ed esposti, siamo arrivati anche alle mani, ma i controlli dei vigili sono rari e blandi. Per questo – anticipa -, stiamo pensando ad una protesta per il primo settembre».
Eppure Federica Vastolo, napoletana in partenza per Salerno, va controcorrente: «Ma lasciateli stare, i taxi abusivi sono una comodità – si indispone -. Se la gente li prende, significa che sono concorrenziali. Le regole? I tassisti veri ce li ho in famiglia, e sono i primi a non rispettarle».

3 commenti

  1. Il pensiero di Federica descrive il degrado mentale che non riesce ad individuare il problema dapprima fiscale poi sociale…

  2. sono d’accordo… il problema è di senso civico. anche cambiando il nome ai sensi il risultato non cambia.
    non dimentichiamo che viviamo nella terra dei cachi

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