Uber, la protesta dei conducenti: tariffe basse, stipendi da fame

it.euronews.com New economy? A giudicare dalle proteste andate in scena a Santa Monica e in molte altre città degli Stati Uniti, Uber si scontra oggi con le più classiche delle rivendicazioni. Tre i nodi messi in evidenza dalle associazioni di conducenti affiliati alla “App”: la possibilità di ricevere mance, un sistema di giudizio dei guidatori ritenuto ingiusto e, soprattutto, l’eccessivo taglio delle tariffe. “La ragione per cui siamo qui oggi è perché Uber ha aumentato il numero di conducenti nelle strade, ha abbassato le tariffe applicate – quanto veniamo pagati -, e ha alzato le proprie commissioni”, spiega Matt Doherty, conducente Uber. “Ci hanno spremuto, per avidità, fino ad un punto in cui riusciamo a malapena a incassare il minimo federale di 54 centesimi per miglio”, conclude.

Uber_protest“Ti disattivano con un clic senza che tu abbia neanche il tempo di rispondere o di fermarti un attimo per capire il motivo esatto”, aggiunge Lofti Benyedder, un altro guidatore.

Le strategie aggressive dell’azienda ci stanno strozzando, dicono i conducenti, che si fanno carico di tutte le spese, benzina compresa.

Le risposta dell’ex startup di San Francisco non potrebbe somigliare di più a quelle delle vecchie aziende: in pochi hanno incrociato le braccia, il servizio è andato avanti regolare.

4 commenti

  1. Questi vogliono la pappa pronta, aggratis e pure buona…
    Non sono drivers, sono partners, non gliel’hanno detto?… ah ah, se non gli va bene se ne possono pure cambiare lavoro: è questa la risposta classica, no?

    O mi facciano capire: loro che tolgono lavoro ai taxisti accontentandosi di 2 spiccioli VA BENE, mentre altri che tolgono il lavoro a loro accontentandosi di 1 spicciolo NON VA BENE?!
    Ehi, è il Mercato, Bellezza!
    Anzi no: è sharing economy!

  2. Classico comportamento da caporalato, deliquere sia sugli abusivi sia sugli stati.

  3. Questo è il liberismo, ma loro lo chiamano libertà!
    Questi sono lo schiavismo e lo sfruttamento verso i quali vogliono portarci tutti, ma loro lo chiamano “Creare posti di lavoro”
    Queste sono le multinazionali alle quali i nostri politici strizzano l’occhio con la complicità dei loro leccapiedi…che loro chiamano giornalisti!

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