Milano-Malpensa, il Far West dei taxi: 6 su 10 non applicano la tariffa fissa di 90 euro

mistery_clientmilano.repubblica.it Da Malpensa a Milano (e viceversa) 90 euro. Non uno di più, non uno di meno. E’ questo l’accordo siglato fra i tassisti e Regione Lombardia. Ma solo quattro taxi su dieci lo rispettano. Lo certifica il cliente in incognito ingaggiato dal Pirellone per valutare la qualità del servizio pubblico. E lo sanno anche quelli (molti) a cui capita spesso di dover ricordare a chi guida che dagli aeroporti alla città c’è un forfait fisso e il tassametro dovrebbe restare spento. Ma non tutte le auto bianche si attengono. «Inaccettabile», dicono dal Pirellone, che sulla vicenda intende andare a fondo.

A Malpensa, in particolare, la certezza del prezzo fisso non c’è. Lo testimonia il documento che rileva come molti tassisti tentino ancora di aggirare le regole. Lo redige mister X: quattro persone inviate a sorpresa dalla società di ricerca e statistica Eupolis su commissione dello stesso Pirellone, dal 17 ottobre al 28 novembre 2013, su 200 taxi che servono il bacino aeroportuale lombardo. Milano soprattutto, ma anche Varese e Bergamo. Nel 60 per cento dei casi, scrivono gli ispettori nella relazione, «contrariamente a quanto previsto non è stata applicata la tariffa predeterminata ma a quella a tassametro».

Perché i tassisti disobbediscono? «Adducono la motivazione di aver optato per un percorso alternativo — spiegano i clienti in incognito — spesso preferendo l’autostrada. In questi casi il tassista, oltre ad applicare una più onerosa tariffa a tassametro, ha richiesto anche un corrispettivo per il relativo pedaggio. Importo non previsto: la tariffa predetermianta dovrebbe essere comprensiva di tutti i costi». Una violazione delle regole che penalizza il cliente. A meno che non debba andare in zona Certosa e dintorni, il tassametro arriva fino a 100-110 euro anche se il traffico è meno scorrevole. Ma anche di più se c’è coda.

Già a ottobre dell’anno scorso scattò un boicottaggio dei prezzi fissi a Varese. Una protesta, che ancora va avanti, contro «la Regione in combutta con i colleghi di Milano che ha approvato una tariffa che penalizza solo chi lavora a Malpensa». E il Pirellone che aveva invitato i clienti a «denunciare questi tassisti alle autorità di vigilanza e alla polizia locale». Oggi le cose non sono cambiate. E le tariffe fisse introdotte sette anni fa, poi ritoccate negli anni, non tutti le rispettano. In particolare i 90 euro da Malpensa a qualsiasi punto di Milano, ma anche i 105 tra Linate e Malpensa e i 55 da Linate alla Fiera di Rho-Pero.

I tassisti si difendono prendendosela anche Sea, il gestore degli scali milanesi, che due anni fa ha introdotto la sbarra nello scalo varesino con un euro di pedaggio per le auto bianche come strumento antiabusivi e pro legalità. «Hanno preteso un euro da ogni tassista per ogni corsa, ma non fanno i controlli che devono — denuncia Giovanni Maggiolo, sindacalista di Unica-Cgil — Lo scalo è preda dell’illegalità. Dovevano mettere i facilitatori, per evitare truffe, ma non sta funzionando». Un passo indietro. La figura del facilitatore, un addetto che aiuti il cliente a salire sul taxi e lo informi anche delle tariffe fisse, è stata introdotta un paio i settimane fa. Un addetto antitruffa, specie per gli stranieri: «Guardi, signora, c’è il taxi: se va in centro non deve spendere piu di 90 euro».

Secondo il racconto di alcuni operatori aeroportuali e di tassisti, però, sarebbero stati minacciati dagli stessi autisti che non vogliono applicare le tariffe fisse. E quindi il servizio fatica a decollare. Un posto non proprio tranquillo, il “polmone” dei taxi allo scalo varesino, dove in tanti neanche si fermano più e i diverbi, verbali e non tra tassisti e autisti di noleggio con conducenti sono all’ordine del giorno. L’indagine sul campo, 200 viaggi, il 40 per cento prenotati, gli altri presi direttamente nei posteggi, è stata introdotta l’anno scorso
«come sistema di indicatori da utilizzare per l’adeguamento delle tariffe per gli anni 2014-2016».

Aumenti che scatteranno da luglio, intorno al 2 per cento. Il cliente in incognito, come prima missione, deve anzitutto verificare quanti hanno il pos per il bancomat, oltre alla corretta applicazione del percorso. Tradotto: se il tassista ha fatto la strada più conveniente per il cliente, calcolata con Via Michelin, Tuttocittà e Google maps. Un’indagine da cui emerge che solo un tassista su tre consente di pagare col bancomat e la metà nemmeno ce l’ha. E le
vetrofanie con i prezzi sono esposte solo nel 70 per cento dei casi.


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