Quando il killer sceglie il taxi. L’ultima corsa di Garaventa e Vanni

Alessandro_Garaventada wakeupnews.eu La vittimologia, settore della criminologia che studia le caratteristiche della vittima e delle relazioni tra il reo e l’offeso, è molto chiara: fra i mestieri a rischio c’è sempre stato quello del tassista, lavoro che mette a contatto con persone di tutti i tipi e che espone a molti pericoli, soprattutto durante i turni di notte. Per evitare aggressioni e furti i tassisti di solito ricorrono a pulsanti nascosti o sistemi d’allarme satellitare, ma non sempre tali dispositivi possono servire, come non sempre si ha a che fare con un rapinatore, il passeggero che portano con loro correndo per strade a volte deserte può essere infatti un assassino.

La casistica ci ricorda Alessandro Garaventa, 36enne di Genova ucciso con quattro colpi di pistola nel 2004 in provincia di Alessandria da un uomo oppresso dai debiti e dalla malattia della moglie. Il corpo fu trovato nella sua Fiat Marea il 24 giugno 2004 sulla strada tra Monterotondo e Gavi, secondo la ricostruzione della polizia scientifica il tassista aveva appena fatto manovra per tornare indietro quando l’assassino lo freddò con una pistola automatica calibro 7,65: i colpi furono sparati da distanza ravvicinata e lo centrarono al capo, alla mandibola, alla scapola e alla nuca.

Garaventa, soprannominato “Barney” come il personaggio dei Flintstones per via del suo ciuffo biondo e del suo carattere pacato, stava provando a costruirsi un bel futuro: dopo aver sposato Tiziana era andato a vivere con lei a Sampierdarena e la coppia era in attesa di un bambino, sua moglie gli aveva annunciato la gravidanza la domenica precedente il fatto di sangue. L’uomo scelse il turno di notte proprio perché la famiglia stava crescendo: la sua era una vita tranquilla divisa fra casa, lavoro e stadio Ferraris (era un grandissimo tifoso del Genoa di cui portava una sciarpa e un gagliardetto all’interno del taxi).

Le indagini coordinate dal Procuratore di Alessandria Michele Di Lecce e dal sostituto Riccardo Ghio portarono ad Aldo Montessoro, una guardia giurata di 55 anni, sposato e con una figlia. «Sono stanco, ho un carcinoma e quattro mesi di vita, voglio togliermi di mezzo. Sono l’ultimo cliente del tassista, ma non l’ho ucciso”, queste le sue parole alla cognata in una telefonata che gli inquirenti rintracciarono, il mandato di cattura scattò istantaneamente. A seguito di una fuga rocambolesca l’uomo fu fermato per un banale controllo stradale dalla polizia francese vicino a Tolone. Montessoro a quel punto, deciso a parlare, non doveva spiegare solo perché era scappato all’estero, ma anche il movente dell’omicidio, visto che non si trovarono riscontri sulla sua malattia. «Avevo bisogno di soldi perché mia moglie è molto ammalata e perciò ho accettato di consegnare un pacchetto a degli sconosciuti in cambio di duemila euro per raggiungere Gavi», a questo punto l’assassino cominciò un racconto ancora più sconclusionato e incoerente, asserì infatti di aver trovato ad aspettarlo delle persone su tre auto: «Mi hanno preso la pistola e sparato al tassista, poi mi hanno ridato l’arma e se ne sono andati». Prima di questo volo pindarico, quando Montessoro si trovava ancora in Francia, disse al Procuratore Generale della Corte d’Appello di Aix-en-Provence, pur non dovendo rispondere dell’accusa di omicidio, di essere stato l’ultimo cliente di Garaventa e addirittura di aver scherzato con lui per questioni calcistiche a causa della sua passione per la Sampdoria. L’uomo infine, tornato in Italia e dopo il racconto improbabile, ammise di aver compiuto il delitto perché logorato dai problemi economici, dalla malattia della moglie e dalle sue stesse condizioni di salute (era diabetico e aveva subito diversi interventi chirurgici che lo avevano pesantemente debilitato).

Aldo Montessoro fu condannato a 18 anni di reclusione in primo grado e in secondo a 16, tutt’oggi è in regime di semilibertà (art. 48 ord. giud.) e potrebbe uscire dal carcere nel 2014, in quanto per buona condotta e partecipazione alla rieducazione viene concessa una riduzione di pena di 45 giorni per ogni semestre di detenzione scontata (la cosiddetta “libertà anticipata” prevista dall’art. 54 della L. n. 354/75).

Per un famoso caso risolto un altro altrettanto importante è rimasto nel mistero, quello di Alessandra Vanni, tassista di 29 anni, uccisa l’8 agosto del 1997 e trovata esanime nella sua Alfa 155 da un passante il giorno seguente dietro il cimitero di Castellina in Chianti, a pochi chilometri da Siena. La donna venne strangolata con una corda, l’assassino poi le legò le mani dietro il sedile, un modus operandi che fece subito pensare a un maniaco.

In base ai primi rilievi fu immediatamente chiaro che la Vanni lottò con il suo assassino, l’autopsia indicò che morì tra l’una e le tre di notte, furono esclusi la presenza di contusioni e segni di violenza sessuale. I suoi colleghi segnalarono alle autorità una chiamata inviata dalla centrale in funzione automatica alla quale rispose alle 23.07, tuttavia nessuno sapeva dove fosse andata. A quel punto oltre allo scenario del cliente assassino se ne aprì un altro: quello dell’omicida che la donna avrebbe incontrato casualmente. Le indagini si mossero anche verso il mondo della droga, ma non se ne ricavò nulla, tuttavia nel giugno di quest’anno il caso è stato riaperto grazie al Procuratore Nicola Marini che ha ordinato e fatto eseguire l’esumazione del cadavere di un sospettato sepolto nel cimitero di Monteriggioni e che ha iscritto nel registro degli indagati sei persone. Al momento non si conoscono altre novità.

Due storie, due lunghe strade percorse nel buio della notte che hanno portato a due omicidi di cui uno risolto e un altro rimasto sempre lì, in quella tetra parte della realtà che tutti chiamano “mistero”.

Davide Ronca

4 commenti

  1. il pensiero di portare un probabile assassino dietro le spalle dà i brividi.un altra cosa io vorrei mettere la telecamera ma il comune non da nessun contributo,perché?

  2. Di De Cecco Walter ucciso per rapina sul suo taxi Vienna 15 licenza n 2687 di Milano la sera del 24 Gennaio 1988 non si ricorda mai nessuno.Che tristezza!!!!! (il fratello Giorgio taxista di Milano)

  3. ancora più triste che l assassino non sia stato preso e nessuno abbia pagato,anche se ovviamente sarebbe stata una magra consolazione.riposa in pace walter.

  4. MILANO 1988 – Walter De Cecco, 32 anni conducente d’ auto pubblica anni assassinato a colpi di pistola la notte del 24 gennaio ‘ 88 nella zona di Affori. Walter De Cecco venne ucciso in via Sestini, attorno alle 22, con due colpi di rivoltella. Ad ammazzarlo sarebbe stato un tossicomane che, secondo la ricostruzione, aveva perso la testa di fronte alla decisa reazione del tassista che non voleva farsi rapinare. L’ assassino, pero’ , non e’ mai stato rintracciato.

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