L’indice delle liberalizzazioni dell’Istituto Bruno Leoni

sfera di cristalloIl famigerato Istituto Bruno Leoni pubblica oggi un libercolo dove si piangono calde (e interessatissime) lacrime sulla non eccessiva liberalizzazione in Italia. Nella presentazione (che pubblichiamo qui sotto) di detto libercolo inaspettatamente non si citano i taxi, ma noi che abbiamo doti di divinazione siamo arcisicuri che tra le sue paginette ci sia una sbrodolata sulla necessità imprescindibile che ha l’Italia di sputtanarsi i taxi. Vogliamo scommettere? Chi lo compra e ce lo dice?


Le liberalizzazioni? L’Italia è ferma al palo: il mercato è aperto solo per il 19%0, meno della metà. È lo stesso dato del 2009, in aumento di soli due soli punti rispetto a cinque anni fa. Lo dice l’Indice delle liberalizzazioni dell’Istituto Bruno Leoni, che verrà diffuso oggi e che Corriere Economia anticipa. In calo aerei, treni e autostrade. «Le liberalizzazioni non si sono concretizzate secondo le nostre aspettative», dice Antonio Catricalà, presidente dell’Antitrust. E chiede un’Authority sui trasporti.


Le liberalizzazioni? Al palo. In Italia, calma piatta, anzi, spesso è retromarcia. Negli ultimi cinque anni l’indice generale che misura il livello di apertura del mercato è salito di pochissimo, due soli punti percentuali, dal 47% al 49%. E dal 2009 è addirittura fermo. Come dire che l’Italia è liberalizzata a metà rispetto all’Europa, anzi, meno.
Lo dice lo studio annuale dell’Istituto Bruno Leoni, che verrà diffuso oggi e del quale CorrierEconomia dà anticipazione. L’Indice delle liberalizzazioni dell’Istituto Bruno Leoni è calcolato per 16 settori, confrontando il livello raggiunto dall’Italia rispetto al più liberalizzato Paese europeo (indice uguale a 100). Ebbene, in generale non siamo nemmeno a metà strada, fermi al 49% (indice aggregato, media di tutti i settori). E su 16 comparti solo sette passano la soglia del 50% (vedi tabella). Un dato non incoraggiante, mentre il Paese cerca la strada per la crescita, che molti individuano nella maggiore apertura del mercato.
In testa c’è il settore dell’energia elettrica, il più liberalizzato, a quota 72%: qui il processo è partito da oltre un decennio e il mercato si muove quasi di necessità. In cinque anni l’indice è salito di ben nove punti (era il 63%). Anche il gas supera l’esame, con il 62% (contro il55%D del 2010 e il 48%, del 2007), soprattutto per l’avvio dei rigassificatori (in testa Rovigo) che riducono la dipendenza dai gasdotti (anche libici); lo stesso accade per i servizi finanziari (69% contro 64%).
Sale poi, ma senza raggiungere la sufficienza, la liberalizzazione dei servizi postali (47% contro il 41% l’anno scorso e il 37% nel 2007, il confronto è con l’Olanda), per via del recepimento della direttiva Ue che ha aperto ai concorrenti di Poste: «Ma ci voleva più coraggio», commenta Carlo Stagnaro, direttore ricerche all’Istituto Bruno Leoni. Stabili in sostanza, ma sempre insufficienti, le telecomunicazioni: 40% nel 2007, 42% ora. Il mercato del lavoro schizza invece dal 50% al 60% (con le variabili di un settore anomalo, però, vedi anche l’impatto sull’occupazione), dopo il Collegato lavoro del 2010.
Per il resto, le liberalizzazioni restano lontane. Gli ordini professionali sono fermi da tre anni al 47% e in salita di un solo punto in cinque anni (il confronto è con l’Inghilterra): in stallo nonostante le raccomandazioni dell’Antitrust su apertura dell’accesso e concorrenza e le lenzuolate Bersani (ripristinate in parte dalla manovra dei giorni scorsi, che non figura nell’Indice).
La televisione crolla dal 70% del 2010 al 62%. E precipitano in coda i trasporti, in primo luogo ferrovie e autostrade. 1 treni, ancora monopolio di TrenitaliaFerrovie dello Stato guidata da Mauro Moretti, vanno all’indietro, tasso di liberalizzazione del 36%, cinque punti in meno dell’anno scorso e addirittura 13 rispetto al 2007 (i1 confronto è con la Svezia). Quanto alle autostrade, «penalizzate dall’assenza di stabilità regolatoria quindi poco incentivanti per i competitor», dice Stagnaro, l’indice è crollato al 28%, contro i1 29% del 2010 e il 32% del 2007.
Un curioso caso a fisarmonica è il trasporto aereo. Quest’anno il settore dominato dall’Alitalia di Rocco Sabelli e Roberto Colaninno risulta migliorato rispetto al 2010, 62% contro 60%: «Perché Alitalia è ora considerata una compagnia privata e c’è spazio per i competitor», dice Stagnaro.
Ma se retrocediamo al 2008 (quando c’era ancora la concorrenza di AirOne e la compagnia di bandiera non godeva della vantaggiosa sospensione di giudizio dell’Antitrust post-salvataggio), l’indice è precipitato di otto punti (era al 70%). Insomma, c’era più apertura quando Alitalia era dello Stato, anziché di privati e banche.
In coda c’è infine l’acqua: indice al 19% per i servizi idrici, contro il 27% del 2007.
«L’Italia resta un Paese liberalizzato meno che a metà – commenta Alberto Mingardi, direttore generale al Bruno Leoni-. Il fatto deprimente è che si registra una linea retta. Negli ultimi anni non ci sono state novità normative che abbiano spinto ad aprire i mercati. Buone le liberalizzazioni di Bersani, per esempio sugli ordini professionali, ma non basta. Ci sono settori per i quali si dovrebbero dare regole certe, come ferrovie, acqua, autostrade, pubblica amministrazione. E gli interventi di liberalizzazione, con le privatizzazioni, andrebbero decisi con calma e cura, non inserendoli in una manovra d’emergenza, com’è successo ora».
«Servirebbero authority specifiche per i trasporti o le Poste, per dare prospettiva di lungo termine e certezza regolatoria – dice Stagnaro -. Solo così si attraggono investimenti». Secondo la Banca d’Italia la piena liberalizzazioni dei servizi accrescerebbe il Pil di il punti in 20 anni: 170 miliardi. Certo, resta da valutare l’eventuale impatto sociale. Ma è un’altra indagine.
Da Corriere della sera, 19 settembre 2011

2 commenti

  1. Bravo marztix, è bello lavorare insieme ad altri colleghi per arrivare a dei risultati che altrimenti sarebbero impossibili.

    Mi piacerebbe sapere, a questo punto, chi paga questo “liberale”, “liberista”, “individualista”, “libertario” Istituto Bruno Leoni. Ci sarà bene una borsa a cui qualcuno allenta i cordoni per mandare avanti la baracca. CHI SARA’ MAI?

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