Le vittime sacrificali del neoliberismo

disperazioneE’ d’obbligo una pausa di riflessione: i drammatici avvenimenti della Grecia e l’elevata instabilità dell’ economia europea, i grossi problemi di casa nostra e le crescenti difficoltà degli USA, stanno creando non poche preoccupazioni, anche a coloro che di economia non si sono mai interessati. Perchè ormai è sensazione dilagante che la situazione sia sempre più difficile da controllare. I loschi intrallazzi finanziari, le ambiguità della classe politica dirigente, i silenzi e le mancate risposte alla volontà di chiarezza, stanno portandoci a elucubrare sul nostro futuro senza avere la minima idea dei piani politici ed economici che ci vedranno coinvolti. Le immagini e i tremendi filmati delle proteste dei nostri colleghi greci non fanno altro che avvicinare sempre più lo spettro della liberalizzazione selvaggia che giungerebbe appena il timer della bomba del liberismo avrà scandito l’ottavo e ultimo mese sabbatico, passato il quale “ciò che non sarà espressamente regolamentato sarà libero”. Il solo pensiero di potersi trovare in analoghe condizioni ci strangola il respiro in gola; eppure per contrastare i poteri forti, una volta falliti i tentativi di mediazione, il dialogo, il confronto e tutto quello che è umanamente possibile per condurre una trattativa in modo civile, non resta che abbandonarsi all’istinto di conservazione con la consapevolezza che ciò lascerà inevitabilmente “vittime” (e non solo in senso metaforico) sul campo. Ciò che lascia sconcerto, ma che allo stesso tempo accende il nostro spirito di rivalsa, è la semplificazione numerica con cui gli “esperti” affrontano la situazione con un ottimismo che definirei addirittura macabro: non occorre andare troppo a ritroso per leggere sul sole24ore un morigerato articolo sull’ incremento dei suicidi in Grecia:

…aumentano coloro che, solitamente cinquantenni padri di famiglia che non riescono più a mantenere il reddito precedente, decidono di mettere fine alla loro esistenza nel silenzio di parenti, mass media e mondo politico. Un fenomeno così nuovo da meritare di entrare nell’ultimo romanzo di Petros Markarsis “Prestiti scaduti” che ha come sfondo proprio la crisi greca e i suoi devastanti effetti sulla vita quotidiana… La maggior parte delle persone che si suicidano provengono dalla capitale e sono ex imprenditori che non sanno far fronte ai gravi problemi finanziari. Basta guardare la lista delle cambiali protestate e i negozi chiusi con la scritta affittasi per capire che aria tira ad Atene…

E’ di ieri invece un articolo sul sole24ore di tutt’altro tenore, dove si snocciolano dati ottimistici dove la semplificazione numerica la fa da padrona: sono i dati percentuali di aumento del PIL in previsioni di liberalizzazioni shock. “Potevamo stupirvi con effetti speciali…” così esordiva una famosa pubblicità degli anni 80: ebbene gli effetti decisamente molto speciali delle liberalizzazioni ora si vedono, il guaio è che nessuno se ne stupisce.

Il ministro della sanità greca, ha affermato che il numero di suicidi nel paese è aumentato in forma drammatica, quasi del 40%, in coincidenza con la crisi economica che evoca il libero mercato e ha colpito la Grecia dal 2008. Il ministro ha fornito i dati rispondendo all’interrogazione di un deputato che chiedeva conferma di questo dato inquietante. L’Organizzazione Mondiale della Sanità collocava però la Grecia tra i paesi con il livello di suicidi più basso fino al 2010, con meno di 6,5 casi ogni 100mila abitanti. Il deputato ha invece denunciato come la disoccupazione e l’indebitamento delle famiglie – che cadono nelle mani di un crescente giro di usura – siano le cause del triste aumento del numero di cittadini che decidono di togliersi la vita. Secondo fonti greche,la zona più colpita da questo aumento dei suicidi sarebbe l’isola di Creta.

Ma il più grande genocidio (mi sembra giusto chiamarlo così) operato in nome del neoliberismo che la storia conosca, coinvolge l’India e i suoi agricoltori, costretti all’autoeliminazione perchè strangolati dai debiti. Il numero di agricoltori che si sono suicidati in India tra il 1997 e il 2007 ha raggiunto ora le 182.936 unità (*). Quasi i due terzi di questi suicidi si sono verificati in cinque stati (l’India è composta da 28 Stati e da sette Unioni territoriali). Questi cinque grandi stati, rappresentano circa un terzo della popolazione dell’intero Paese e i due terzi dei contadini suicidi. In questi stati l’indice di suicidi tra gli agricoltori è molto più alto di quello rilevato in altre fasce sociali. Questi dati sui suicidi sono ufficiali, ma sono tendenzialmente molto sottostimati anche se già così sono abbastanza brutti. L’esplosione di suicidi fra gli agricoltori, la più grossa ondata di morti simili mai registrata nella storia, s’è verificata in parallelo al fatto che l’India ha abbracciato il neoliberismo dello “splendido nuovo mondo” L’indice dei contadini suicidi è peggiorato in particolare dopo il 2001, anno in cui l’India seguiva già il percorso indicato dal WTO (World Trade Organization) per lo sviluppo agricolo. Che cosa hanno in comune tutti questi agricoltori suicidi? Coloro che si sono uccisi avevano grossi debiti – i debiti delle famiglie contadine sono raddoppiati nella prima decade di “riforme economiche” neoliberiste, passando dal 26 al 48,6 per cento. I guadagni degli agricoltori sono crollati, così come i prezzi per i raccolti posti sul mercato, grazie agli osceni contributi alle corporazioni ed ai ricchi agricoltori dell’occidente, da parte degli USA e dell’Europa. La loro battaglia sui sussidi ai cotonieri (un valore di miliardi di dollari) ha distrutto gli agricoltori del settore e non solamente in India, ma anche in nazioni africane quali il Burkina Faso, il Benin, il Mali ed il Chad. Nel contempo, tutt’insieme, l’India ha cominciato a ridurre gli investimenti nell’agricoltura (la procedura standard del sistema neoliberista). La vita così è diventata sempre più impossibile per i piccoli agricoltori. Come ha sempre evidenziato con forza il principale esperto di economia del settore agricolo, le famiglie povere oggi hanno in media 100 chili in meno di quanto avevano solo 10 anni fa – mentre l’élite mangia a più non posso.
Parlare di cura per il risanamento dell’economia stride al cospetto di simili drammi; il costo della vita umana pare possa essere sacrificato al dio denaro e ai suoi santoni. Ribellarsi è ancora un diritto da potere esercitare

(*)=dati aggiornati a feb.2009

Riferimenti:
LA PIU’ GRANDE ONDATA DI SUICIDI MAI AVVENUTA NELLA STORIA
Il sole24ore – 5/7/2011
Il sole24ore – 23/7/2011
Contropiano.org – 1/7/2011

5 commenti

  1. leonardo tu hai affrontato l’aspetto ultimo di tutta questa drammatica situazione. le cifre sono agghiaccianti. perché dietro a ogni numero esistono storie di persone come altre. vite normali, come la tua e la mia, travolte per sempre. e che dire dell’immensa sofferenza con cui dovranno convivere i sopravvissuti? davanti a considerazioni simili il livello della riflessione necessariamente si eleva e raggiunge piani meno concreti. i tempi nei quali viviamo sono ostili all’uomo, la cui essenza è riconosciuta soltanto teoricamente. non che in un passato più o meno remoto l’uomo medio vivesse un’esistenza necessariamente migliore della nostra. eppure, se concentro lo sguardo sull’oggi, constato amaramente che anche se tutto sembra cambiato, in realtà nulla è cambiato. chi può davvero realizzarsi nella libertà? quale spazio esiste per la piena affermazione dell’umanità? quando l’unico sistema di interpretazione della realtà è un sistema di pensiero tecnico, meccanico, matematico come quello dell’economia è chiaro che ogni uomo è ridotto alla sua semplice funzione. ciascuno è solo parte insignificante e sempre sostituibile di un tutto al quale appartiene solo in quanto elemento produttivo. non si può banalizzare la storia del pensiero. eppure questa situazione viene da lontano. parte dall’illuminismo e dalla legittima aspirazione dell’uomo a liberarsi dalle superstizioni e dalle idee prese per buone e mai verificate. tale percorso ha portato all’affermarsi della scienza sopra ogni cosa e al fatto che ormai la scienza, attraverso la tecnica, guida ogni aspetto delle nostre vite. su questo il giudizio non può certo essere del tutto negativo. ma sappiamo tutti bene quali interrogativi etici siamo costretti a porci quotidianamente davanti a questa avanzata poderosa dell’agire scientifico. come sempre il problema nasce dal fatto che qualcuno assolutizza. e così l’aver adottato il paradigma scientifico come unico metodo per la spiegazione e la gestione del reale ha finito per imbrigliare nelle maglie della tecnica anche gli angoli più riposti e inesplicabili dell’esperienza umana. proprio quelli che dovremmo salvaguardare di più. evidentemente non si tratta di tornare indietro, anche perché non è vero che il passato fosse migliore. né si possono negare i meravigliosi risultati a cui il pensiero scientifico ci ha condotto. ritengo però che per salvaguardare l’umano occorre bandire l’assolutismo e recuperare un atteggiamento mentale che, paradossalmente, è proprio la base dell’agire scientifico. mi riferisco al ‘dubbio metodico’ mirabilmente proposto da cartesio. quell’attitudine a dubitare sempre di tutto come metodo sistematico di approssimazione al vero. d’altra parte è proprio delle teorie scientifiche il concetto di falsificabilità, a suo tempo ben illustrato da popper. tutto questo per dire che non dobbiamo rifugiarci in un atteggiamento antiscientifico. dobbiamo però essere consapevoli del fatto che molti di quanti pretendono di impartire verità, sono in realtà i primi a tradire lo spirito profondo della ricerca scientifica. numerose evidenze empiriche dimostrano che molte delle cosiddette ‘cure’ proposte da vari economisti sono in realtà dei veleni. l’ostinazione con cui sono somministrate a vari corpi sociali in giro per il mondo è la conclamata dimostrazione della malafede, della protervia e della violenza con cui procedono bande di masnadieri al servizio di questo o quel padrone. infine, per recuperare un senso alla vita dell’uomo, occorre inaugurare, e scusate il bisticcio di parole, un nuovo umanesimo. avere il coraggio di tornare a guardare in altre direzioni e ammettere che la vita sulla terra ha troppe dimensioni per essere ridotta a una sola, pur importante, delle sue componenti. altrimenti le persone continueranno a morire. perché in questo assurdo sistema hai miriadi di oncologi a dirti cosa devi o non devi mangiare, cosa puoi o non puoi fare, tutto solo per allungarti una vita che poi ti fanno vivere tra angosce di ogni genere. è una schizofrenia alla quale opporsi.

  2. luca » Mia moglie filosofa mi ha aiutato ad approfondire ulteriormente le tue considerazioni e ammetto con meraviglia come lei sia riuscita ad anticipare il pensiero filosofico dei personaggi che hai citato.
    Purtroppo non ho conoscenza delle teorie di Cartesio e Popper e così temo sia per la maggior parte dei nostri colleghi, ma se volessi avere la presunzione di sintetizzare il tuo pensiero globale, arriverei alla conclusione che sarebbe impossibile farlo. “Uno spettro si aggira per l’Europa..” (non so più quale!)

  3. Perdonatemi ma non sono capace di filosofare come voi ho una cultura tecnica, ma questi otto mesi sono peggio che una decisione immediata: se il governo cade o peggio la legislatura…. questi se ne vanno e gli otto mesi passano ma loro “poveretti” avranno le mani legate per intervenire.

    Spero vi piaccia la montagna, perchè è da lì che i nostri nonni riconquistarono dignità e libertà.

  4. lumachino » Però se la “corda” resta nelle nostre mani “libere” è un’altra cosa! Adoro il mare, ma se proprio dovessi…

  5. caro lumachino, adoro la montagna e fortunatamente tra poco partirò per una località a pochi chilometri dall’austria. camminate sui tremila e allenamento per quando servirà…

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